Recensione: Ignea: debutto di una nuova promettente band
The Sign Of Faith è il disco di debutto della nuova band ucraina Ignea, fondata nel 2013 sotto il nome di Parallax dal tastierista Evgeny Zhytnyuk. La band si definisce Oriental Metal, con influenze dal Symphonic, Progressive, Doom e Death Metal.
L’album di cui parliamo oggi è un lavoro estremamente variegato, contenendo tracce dure e aggressive come Halves Rupture, sia tracce dolci ed evocative come How I Hate The Night. Ma andiamole a vedere nel dettaglio.
L’album si lancia subito ad un inizio possente e deciso con la canzone Şeytanu Akbar. Prima ancora di gettarci a capofitto nella parte musicale, salta subito all’occhio il titolo particolare. Esso è, infatti, una storpiatura del clasico “Allahu Akbar“, sostituendo la parola Allahu con Şeytanu, trasformando il significato della frase in “Satana è grande”. Nonostante il titolo provocatorio e un po’ inaspettato, la band ha da subito spiegato che il significato dietro tale titolo era condannare l’odio e l’omicidio (viene tutto spiegato nel video musicale della canzone). Il testo della canzone, infatti, è una condanna all’Isis, mirata però ad un senso più generale e universale. La canzone parte da subito con una melodia orientaleggiante possente, sostenuta poco dopo dall’ingresso delle chitarre e della batteria, per poi prendere il lancio in una intro abbastanza lunga ma ricca di un bel suono energico. La parte cantata in Clean vocals è particolare e si unisce bene alla parte in Extreme. il tutto seguito dal ritornello breve e conciso che fa ricominciare il ciclo. In generale, la traccia è molto forte e bilanciata, ed è un ottimo modo per dare il via all’album.
Segue la ritmata e orecchiabile Alexandria. Con un interessante mix di Extreme e Clean vocals la cantante Helle Bogdanova dà vita ad una melodia facilmente memorizzabile e gioiosa. Il testo parla dell’amore-odio provato da un giovane frequentatore della città. Dopo la rabbiosa Şeytanu Akbar, la gioiosa Alexandria dà equilibrio all’inizio dell’album e ci prepara alla terza traccia.
Petrichor, terza traccia dell’album, è fatta nel 2016 in collaborazione dell’ex chitarrista degli israeliani Oprhaned Land, Yossi Sassi. La traccia genera nuovamente un’atmosfera allegra ed energica. Parla della gioia trovata nella pioggia dopo un periodo di siccità. La traccia è facilmente ascoltabile e molto piacevole. La melodia è decorata e arricchita da tante piccole note ispirate allo schema delle canzoni medio-orientali, e l’aspetto generale è semplice e gradevole.
Segue una traccia dal passo malinconico e struggente: è Theatre Of Denial, dove viene raccontata la rassegnazione di una persona che perde fede negli Dei. La traccia inizia con una melodia triste alla chitarra acustica, accompagnata poi dalla dolce voce della cantante ucraina. Ogni angolo di questa canzone è stato studiato perfettamente: dal ticchettio di sottofondo, alle chitarre, alla voce e agli archi di sottofondo. Un ottimo stacco per prepararci alla lunga quinta traccia…
Jahi, quasi 8 minuti di varietà, trasporta l’ascoltatore nel mezzo della musica. Con le melodie orientaleggianti e le parti vocali differenziatissime fa passare a chi l’ascolata gli 8 minuti più veloci della sua vita. Dopo un inizio e un primo sviluppo altisonante e definito da un Oriental Metal misto a Prog Metal, la canzone verte ad una sezione più tranquilla ed evocativa che sembra essere uscita da una corte orientale. Dopo uno stacco decisamente diverso dal resto della traccia, con un ottimo tempismo viene ripresa la parte iniziale per poi risolversi in un finale secco e troncato.
Segue una delle tracce Clue dell’album, Halves Rupture. La canzone, cantata principalmente in Extreme vocals, ha da subito avuto grande successo tra i fan. L’intera band si mostra capace di destreggiarsi con maestria tra melodie di ogni genere, sottofondi energici, atmosfere variegate e stili differenti. Un altro piccolo gioiello che contribuisce a rendere The Sign Of Faith un bellissimo e rarissimo tesoro pregiato.
La traccia seguente, Last Chosen By You, sembra quasi riprendere la melodia di Halves Rupture, utilizzando note simili e lo schema vocale invertito. Il testo è bellissimo e parla di una donna che si ribella strappando il velo che è costretta a portare. Il titolo della canzone e la natura rabbiosa di questa corta canzone esprimono benissimo lo stato d’animo della protagonista. Un altro chiaro esempio dei testi pensati e politicamente attivi dei giovanissimi Ignea.
Arriva la traccia più famosa (giustamente) e caratteristica dell’album: Alga. venne rilasciata nel 2015 come singolo e come video su Youtube, e raccolse un milione di visualizzazioni in meno di un anno: la band dice che è da qui che vengono la maggior parte dei fan. L’intro, lunghissima e bellissima, è suonata da un’intera orchestra, per poi essere ripresa e incattivita dalla band ucraina. La melodia della parte vocale è interessante e molto scorrevole. Il testo è un sostegno alla minoranza Tatar, che popola la Crimea, nella Guerra di Crimea. La parte più caratteristica e esplicita della canzone è la corta parte parlata, dove viene chiaramente espressa l’ostilità provata nei confronti degli invasori. La traccia è ricca di tutto, ed è un rarissimo esempio di una canzone completa, emozionante e orecchiabile al tempo stesso.
Come penultima (ma di certo non in bellezza!) traccia troviamo la bellissima ed emozionante rivisitazione da parte della band della poesia How I Hate The Night tratta dal famoso romanzo Guida Gatattica Per Autostoppisti. La parte musicale è esclusivamente suonata dall’orchestra, che regala alla canzone, insieme alla candida e possente voce di Helle, una nota molto profonda ed evocativa che prepara perfettamente l’album alla chiusura.
Come ultima traccia la band sceglie una cover: originariamente di Ultra Sheriff, Leviathan. La canzone viene rivisitata con uno stile meno pop-electro dell’originale, ma mantiene la tipica intro e l’atmosfera generale. Importante modifica è la parte vocale nella strofa: mentre nell’originale la scelta era quella di una voce robotica e poco comprensibile, nella versione degli ucraini la voce diventa Extreme vocals. Un modo particolare per chiudere un album così variegato.
Insomma, i giovanissimi Ignea sono proprio riusciti a fare centro con il loro primo vero e proprio album. Adesso aspettiamo impazienti il primo tour Europeo, e auguriamo a questi promettenti giovani di fare tanta strada!