Recensione: Ignition
Iniziamo dalle ovvietà: gli Streetlight vengono dalla Svezia e suonano AOR. Ignition è il loro primo lavoro e suona proprio come ve lo aspettereste. Journey, Toto, Stage Dolls, primissimi Bon Jovi e pure Def Leppard spadroneggiano tra le influenze dela band.
E veniamo a quanto è meno ovvio, ovvero che Ignition non è l’ennesimo disco inutile, inane fotocopia di melodie e arrangiamenti dei tempi d’oro del genere, ma riesce nel compito di regalare momenti di reale piacere, grazie a una scrittura sorprendentemente matura per una band al proprio esordio, oltre che a un dinamismo che scorre costantemente lungo le undici tracce di Ignition.
Ecco, è forse proprio il dinamismo a caratterizzare in positivo la proposta degli Streetlight, che sanno scrivere pezzi tirati come Hit The Ground, o più cadenzati come Stay.
Love Riot mette ben in evidenza una chitarra distorta che fa un po’ hard rock per scaturire in un ritornello davvero debitore ai Def Leppard del periodo di Hysteria. A seguire, Closer è un po’ Love Bites (e siamo sempre lì), mentre Caught Up In A Dream non può non ricordare Runaway dei Bon Jovi e ha un arrangiamento che certo non dispiacerebbe ai fan dei Toto e dei Journey: eppure, pur nella propria totale derivatività, è un pezzo eccellente, fatto di cambi di atmosfere e melodie decisamente meno ovvie di quanto possa sembrare.
Forse per contrasto, meno incisiva è la successiva Awake, che non riesce a decollare, mentre Fire Burnin’ è una gran bella sorpresa: tirata e sempre un po’ “up”, non fa prigionieri con quel suo tono da macchina del tempo che ci riporta indietro di una quarantina d’anni, senza però scadere nella nostalgia.
Se Overjoyed muove intorno a un bel giro di tastiere e suona tanto (troppo?) Journey, Words For Mending Hearts è la ballatona di turno, specialità tipica delle band AOR che si rispettino: a questo giro, ci troviamo per le mani un brano più che discreto, la cui melodia non indimenticabile è, però, valorizzata da un bel groove generale.
Infine, Malibu Pier è un pezzo AOR degli anni Ottanta, con tutto quanto ciò comporta: tastieroni, chitarra ritmica bella dinamica, adrenalina, ritornello divertente. Insomma, ve la sarete figurata.
Come anticipato, Ignition è un bel disco, che conferma la ricchezza dela vena compositiva svedese in ambito AOR, quasi che l’humus più fertile del genere nei decenni si sia trasferito dalle coste statunitensi alle lande scandinave, alimentato dalla storia fatta da band come Europe o Stage Dolls. A noi resta di godere delle perle che, qualche volta, ancora arrivano da lassù: Ignition è tra esse e l’auspicio è che non vada perduta nel mare indistinto delle troppe uscite discografiche dei tempi nostri.
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