Recensione: II
Almeno nella scelta del titolo del secondo album in carriera, gli Epitaphe non si può osservare che abbiano mostrato alcuna originalità: “II”.
Ovviamente si tratta di un’osservazione che nulla ha a che fare con l’aspetto musicale, giacché quest’ultimo è parecchio complesso e articolato. Il genere è il death metal, tuttavia intramezzato da numerosi e lunghi passaggi strumentali che non coinvolgono affatto la strumentazione elettrica. La pietanza, anche in questo caso, non è del tutto inedita, poiché si tratta di un modo di approcciare il metal estremo già visto, o meglio ascoltato, in numerose formazioni.
Il combo francese, tuttavia, affronta la questione imbarcandosi sostanzialmente nella realizzazione di tre lunghe suite, aperte e chiuse da melodici elementi di chitarra classica (‘Sycomore’, ‘Merging Within Nothingness’). Tre brani che richiedono un rilevante periodo di ripetuti ascolti per coglierne l’essenza. Essenza, come già accennato, piuttosto complicata in virtù di un andamento molto lontano dalla classica e immediata forma-canzone del rock.
‘Celestial’, ‘Melancholia’ e ‘Insignificant’ si possono difatti assimilare a tre tappe di un viaggio sterminato sia nello spazio, sia nel tempo; percorrendo l’infinitesimale e il colossale. Il primo caso è più aderente ai momenti di calma, riempiti, anche, da leggere tessiture di tastiera. Un approccio volto a esplorare la parte interiore di ciascun essere umano. La delicatezza della musica è proprio la caratteristica principale che occorre per osservare se stessi, per concentrarsi sui moti dell’anima, che si estrinsecano mediante emozioni volte, in questa fattispecie, verso una sfuggevole malinconia. Un sentimento, questo, che aumenta la sensibilità dell’anima stessa allo scopo di percepire il moto ondoso che muove i lati caratteriali della personalità.
Accanto, o meglio in contrapposizione di ciò (il colossale), c’è il death metal vero e proprio. Trainata dal growling roco e soffuso di PBFK, la potenza dell’elettricità (degli strumenti) scatena una ridda di accordi articolati, spesso convulsi, vasti nella creazione di una struttura monumentale, titanica. Ma anche concepiti come micidiali riff portanti quando la potenza aumenta sensibilmente spinta dalla forza erculea dei blast-beats. In tali casi l’insieme diviene volutamente caotico. Come ribollente, scatenato nell’esternazione di un sound brutale, violento, ma soprattutto atto alla propulsione hyper-speed; ideale per percorrere le distanze siderali che uniscono gli astri, le galassie, dando maggiormente l’idea di muoversi nel vuoto interstellare.
Quest’antitesi fra delicata calma e furibonda rabbia è il leitmotiv del disco, il lievito fecondante che lo ha creato. Un aspetto anch’esso già toccato con mano in altri lidi ma che, se elaborato con bravura, può regalare istanti di vera estasi. Il combo transalpino riesce in parte a centrare tale obiettivo, poiché tende leggermente a a sfilacciarsi nell’immensità delle sue canzoni, a parere di chi scrive un po’ troppo lunghe per riuscire a coinvolgere l’ascoltatore al 100%. Il difetto non è grave dato che, comunque, l’aspetto visionario è reso con una discreta intensità, allacciandosi per ciò al bucolico disegno di copertina.
Per questo e per quanto sopra sottolineato, “II” è un’opera destinata ai fan più sfegatati della foggia artistica di cui trattasi. Gli Epitaphe non sono gli ultimi arrivati ma non sono neppure fra i primi nella gara a chi riesce a sviluppare al meglio quello che è, in sostanza, un lavoro di atmospheric death metal.
Si poteva fare di più, ma anche di meno.
Daniele “dani66” D’Adamo