Recensione: II
Quando uscì, due anni or sono, “I”, prima opera targata Xerath, molti rimasero a bocca aperta per via della freschezza della musica proposta: il genere suonato dal combo del Hampshire pur prendendo spunto da varie realtà celebri del thrash (su tutte, le influenze più importanti provenivano, al tempo, dagli Strapping Young Lad, dai Meshuggah e, sebbene in quantità inferiore, anche dagli australiani Alchemist), fagocitava al suo interno elementi sinfonici, parti progressive, il tutto immerso in un’ottica cinematografica.
Se però da una parte “I” dimostrò quanto i quattro musicisti fossero coraggiosi e tecnicamente preparati, dall’altra denunciò anche un songwriting ancora confusionario e poco concreto in qualche passaggio.
Tempo poco meno di due anni ed ecco che gli inglesi tornano a farsi sentire in questa prima parte del 2011 con un nuovo lavoro, intitolato semplicemente “II”.
Potrebbe sorgere spontanea una domanda: è cambiato qualcosa nella musica degli Xerath? La risposta è “no”, nel modo più assoluto, semmai è divenuta più complessa ed elegante, ma alla fine la ricetta di base è rimasta la stessa.
Questo “II” è un album piuttosto articolato e decisamente ambizioso, dietro al quale deve esserci stato un lungo e arduo lavoro di gestazione e di scrittura. Le strutture sono particolarmente elaborate e varie, i pezzi assai gradevoli e melodici al punto giusto.
Il riffing potente e serrato, come si addice a un’opera dal sapore thrash, diventa lo scheletro sul quale vengono costruiti tutti i dieci brani che compongono il disco. Il lavoro svolto da Owain Williams alla sei corde risulta preciso e affilato.
Stesso dicasi per il compito eseguito da Michael Pitman alla batteria e Chris Clarke al basso, entrambi strumentisti dotati di un’ottima tecnica esecutiva. La varietà delle ritmiche tessute dai due conferisce dinamismo e potenza alle composizioni.
A tutto ciò si aggiungano le onnipresenti orchestrazioni dal sapore classicheggiante, che donano quel tocco di elegante ricchezza a ciascuna canzone. Spesso e volentieri queste rimangono sullo sfondo, risultando sobrie e mai eccessive, a differenza di molti altri prodotti in cui le partiture classiche diventano sin troppo invadenti.
Grazie a una produzione potente, a dei suoni cristallini e, soprattutto a tracce tutto sommato ben riuscite, “II” scorre all’ascolto con una certa gradevolezza, senza tediare, presentando molti punti di luce.
Basta premere il tasto play del lettore per essere catapultati nell’universo degli Xerath con l’introduttiva “Unite to Defy”. Già nel brano iniziale si delineano tutte le caratteristiche fondamentali tipiche del combo cui si faceva riferimento in precedenza: orchestrazioni, passaggi dal sapore quasi ambient, solide strutture thrash e un cantato di chiara estrazione -core. Richard Thomas al microfono alterna momenti in cui è il growl a prendere il sopravvento, e altri molto più rilassati, nei quali sfodera un cantato pulito particolarmente gradevole e ben eseguito.
La tracklist si dimostra omogenea: i pezzi seguono più o meno tutti lo stesso, ben definito stile, senza che vi siano troppe differenze, in modo tale da non far perdere mai “l’orientamento” all’ascoltatore di turno.
Pochi sono infatti i punti di svolta del cd: tra questi, il primo che si incontra è “Enemy Incited Armageddon”, la track più violenta di tutte. Il riffing diventa ancor più serrato, i blast-beat abbondano come non mai e Thomson si destreggia al microfono con uno scream acido e abrasivo, che contribuisce ad incattivire ancora di più la song. Anche i passaggi strumentali denotano un cambiamento atmosferico, divenendo molto più cupi rispetto ai restanti brani.
Ultimo punto sul quale focalizzare con maggiore attenzione la propria concentrazione è proprio il finale: “The Glorious Death” è, senza ombra di dubbio, una delle composizioni più affascinanti e studiate dell’intero platter. Nonostante l’ombra degli Strapping Young Lad e, più in generale, dei progetti firmati Devin Townsend si faccia sempre più ingombrante, il pezzo riesce a stamparsi a fuoco nella mente del pubblico, grazie ai suoi passaggi molto dilatati e ariosi, che le conferiscono un’atmosfera molto particolare. Splendida la parte sinfonica, dalle sonorità quasi new-age, che pur staccando violentemente dal resto della canzone, è ben integrata nell’insieme.
E i restanti sette episodi? I restanti sette episodi, seppure ascoltabili, sembrano non avere un’anima propria, a causa delle influenze che in più parti rasentano quasi il plagio.
Ci riferiamo in particolar modo a track quali “Reform Part III”, “Nuclear Self Eradication” e, soprattutto “Numbered Among the Dead”, fin troppo simili alle sonorità dei pluri-citati Strapping Young Lad.
Proprio queste eccessive somiglianze non permettono a “II” di essere un capolavoro, finendo per renderlo niente più che un lavoro ottimamente suonato, prodotto alla grande, ma alla fine dei conti medio.
Purtroppo gli inglesi, pur partendo da ottimi presupposti, ancora una volta non riescono del tutto a brillare di luce propria e a stupire fino infondo.
Bocciare un prodotto del genere sarebbe da folli, vista l’immane mole di lavoro e la buona fattura delle melodie, eppure anche questa volta, come già detto, i ragazzi non riescono a essere del tutto spontanei come ci si aspetterebbe da musicisti tanto preparati.
Sperando che con il prossimo cd i Nostri riescano finalmente a fare il salto di qualità, per ora non ci resta altro che consigliare a tutti voi di dare almeno un ascolto al prodotto in questione, consci del fatto che gli Xerath possono e devono fare di più. Molto di più.
Emanuele Calderone
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Tracklist:
01- Unite to Defy
02- God of the Frontlines
03- Reform III
04- The Call to Arms
05- Machine Insurgency
06- Sworn to Sacrifice
07- Enemy Incited Armageddon
08- Nuclear Self Eradication
09- Numbered Among the Dead
10- The Glorious Death