Recensione: III
Prima o poi qualcuno si accorgerà di loro. E non possiamo che augurarglielo di cuore.
Dopo tre album di ottima qualità, una costanza nel proporre musica dotata di anima, carattere, eleganza, stile e forza espressiva, un qualche minimo riscontro ci vorrebbe proprio.
Quantomeno quale tributo ad uno degli artisti di maggior talento prodotti dallo scenario musicale di casa nostra, quel Roberto Tiranti che ormai da più d’un ventennio sta dimostrando con continuità un valore artistico paragonabile a quello dei pesi massimi della scena rock internazionale. Davvero non è un azzardo poterlo additare quale erede di un grandissimo maestro come Glenn Hughes.
Avevamo avuto l’occasione forse di sottolinearlo tempo addietro: pochi come loro, infatti, sanno unire una vocalità eccellente ad una destrezza strumentale al basso ben al di sopra della norma.
Un plauso sincero sarebbe dovuto pure ai due ottimi norvegesi Ken “JR” Ingwersen (chitarra) e Tom Fosshein (Batteria), un passato per ambedue nella band di Ken Hensley ed un presente fatto di hard rock intenso e senza compromessi, privo di artifici, costruito e scolpito con la forza di chi “ci crede” profondamente.
Tutti insieme costituiscono i Wonderworld, gruppo che con “III” conferma con assidua tenacia un vena creativa radicata – praticamente “rivettata” – nel cuore infinito del rock più vero e sincero.
Roba che sa di genuino, che trasuda puro sentimento e trasporto nei confronti della musica, al di là di qualsiasi logica commerciale, velleità di successo o pulsione mercantile.
Ed è forse per questa ragione che il sapore di un album come “III” esce esaltato ed “amplificato”. Un che di romantico magari. O più probabilmente il semplice affermarsi di un assioma che si lega a doppio filo a quella che è, da sempre, la natura del rock: quando è suonato per il puro “piacere” di farlo, acquisisce istantaneamente valore e fascino superiore. Quasi una sorta di rispetto.
Che, intendiamoci, nulla sarebbe, se alla base non sussistessero comunque la qualità e le doti nella combinazione songwriting-tecnica tali da rendere appetibile quanto prodotto e suonato.
Fuori da ogni sproloquio inerente alla bellezza dell’hard rock nell’accezione più raffinata insomma, giova al di sopra di tutto constatare come i Wonderworld siano essenzialmente un nucleo di ottimi musicisti e compositori, capaci di mettere insieme per la terza volta consecutiva una selezione di brani affascinanti, piacevoli, ben costruiti e strutturati.
Ideati con il savoir faire di chi conosce la materia e sa gestirla con brillantezza: il terzetto d’apertura “Background Noises“, “Stormy Night” e “Big World“, per partire proprio dal principio, è una testimonianza come meglio non si potrebbe desiderare di quanto affermato in tal senso. Una melodia solida alla base, ritornelli accattivanti, ritmiche pulsanti ed atmosfere avvolgenti. In più, parti strumentali di primissimo piano – in cui il virtuosismo si fonde con l’armonia della canzone – ed una vocalità che riesce ad affermarsi sempre quale valore aggiunto, alla ricerca di un’impostazione bluesy-funky che ha nel già citato mentore Glenn Hughes il termine di paragone più prossimo.
L’ascolto di Wonderworld III, come già i predecessori, è tutto da scoprire. Un susseguirsi di temi dalla evidente ispirazione settantiana, in cui hard rock, blues ed un pizzico di funky vanno a braccetto innervando una manciata di canzoni ammantate di buon gusto, feeling e tanta, tantissima bella musica.
Pezzi quali “Brand New Man” (fantastico l’inciso centrale) e “Stay Away From Me” sono un vero nettare per gli amanti del classic rock caro ai Deep Purple ed ovviamente Glenn Hughes. Per non parlare dell’eleganza trasognata di un piccolo gioiello come “The Last Frontier“, teatro perfetto per la voce di uno splendido Roberto Tiranti.
Nella speranza che, finalmente, in tanti si accorgano di loro, un sincero, leale e meritato applauso va ai Wonderworld: “III” è probabilmente il loro disco migliore tra quelli realizzati sin qui e si pone quale certa presenza in una ipotetica pool di fine anno dedicata al settore.
Dite se è poco…