Recensione: III: In The Eyes Of Fire
Gli Unearth non sono gli ultimi arrivati della scena -core e con questo disco, intitolato
III: In the Eyes of Fire, lo dimostrano, realizzando un lavoro violento, tirato e molto tecnico, che non ha nulla da invidiare alle loro produzioni passate.
La principale caratteristica di questa formazione è, a parere di chi scrive, la capacità di coniugare un guitar work di assoluto pregio con quell’attitudine tipicamente americana che è oramai diventata lo standard del genere. In questo platter troviamo infatti, accostati ad una concezione generale che riprende gli assiomi di
Caliban e compagnia, una serie di riff veramente spettacolari, dove i power chords lasciano spesso e volentieri spazio a patterns in arpeggio, sweep e progressioni a pivot che, con il passare delle tracce, diventano la vera e propria caratteristica primaria delle canzoni riuscendo addirittura a mettere in ombra il lavoro della batteria (comunque ben riuscito) cosa oramai diventata rara in questo genere. Da sottolineare sono anche i
break assolutamente azzeccati, che riescono a spezzare il ritmo rimanendo tuttavia assolutamente coerenti all’interno del contesto, fatto per nulla scontato in un genere dove troppo spesso si crede di poter diminuire la velocità senza preoccuparsi delle conseguenze in fatto di scorrevolezza complessiva della composizione.
Tutto rose e fiori dunque? Non completamente. Come capita spesso nei dischi dove la band di turno decide di puntare tutto sulla violenza, il tiro e le alte velocità di metronomo, le composizioni a lungo andare cominciano a ripresentare sempre i medesimi elementi, fatto che viene avvertito ancor di più in quanto esse bene o male hanno tutte una durata piuttosto limitata e dunque non presentano particolari soluzioni in quanto a costruzione, sebbene gli arrangiamenti siano sempre curati ed adatti al contesto. Per dare un po’ di dinamicità alle sue parti vocali e dunque alle canzoni nella loro interezza,
Trevor Phipps adotta in alcuni frangenti (come ad esempio in March of the
Mutes) una soluzione strana che comunque aveva già presentato anche negli album passati: alterna infatti le parti in classico screaming ad altre dove la sua voce diventa quasi un parlato recitativo, rifiutando dunque le soluzioni standard adottate dalle altre band di stampo -core, dove accanto alle urla si pongono o cori melodici (Chimaira, Killswitch Engage, Soilwork…) oppure growls gutturali (All Shall
Perish). La cosa diventa dunque un carattere distintivo della produzione made in Unearth e sortisce l’effetto di conferire un carattere molto americano al disco, cosa che potrebbe piacere ad alcuni, ma forse non ad altri più avvezzi a sonorità swedish e che potrebbero trovare completamente apprezzabili solo pochi pezzi, come ad esempio
So it Goes, che si avvicinano maggiormente allo stile degli ultimi In Flames.
Come i Devildriver del loro omonimo debut album gli Unearth di questo III: In the Eyes of Fire sparano nelle orecchie dell’ascoltatore una mazzata metalcore senza compromessi che adotta alcune caratteristiche vincenti (riff tecnici, arrangiamenti di chitarre curati, voce ben realizzata) e le ripropone invariate per tutte le 11 tracce, forse con la sola esclusione dell’ultima
Big Bear and the Hour of Chaos: strumentale e con una parte di pianoforte a spezzare il ritmo. All’ascoltatore disattento dunque questo disco si presenta come una fantastica ondata di ira da prendere in dosi massicce, mentre coloro che preferiscono una fruizione più ragionata si ritrovano al contrario davanti ad una serie di canzoni molto belle prese singolarmente, ma che non aggiungono nulla le une alle altre quando vengono giustapposte. Per colui che scrive comunque questo rimane un disco assolutamente valido, a cui tutti gli appassionati dei generi -core dovrebbero dare una possibilità.
Tracklist:
1. This Glorious Nightmare
2. Giles
3. March Of The Mutes
4. Sanctity Of Brothers
5. The Devil Has Risen
6. This Time Was Mine
7. Unstoppable
8. So It Goes
9. Impostors Kingdom
10. Bled Dry
11. Big Bear And The Hour Of Chaos