Recensione: III Sides To Every Story

Di Masu Carlo - 22 Febbraio 2004 - 0:00
III Sides To Every Story
Band: Extreme
Etichetta:
Genere:
Anno: 1992
Nazione:
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88

Quando mi capitano sottomano i lavori degli Extreme, mi viene da pensare a quanti conoscano il reale valore di questo gruppo. Quanti si fermarono al solo ascolto della celebre “More Than Words” per giudicare e “condannare” gli Extreme. Perché, senza paure di smentite, quel brano gli porto si fama e successo, ma gli fece apparire come la classica meteora da una “One Hit Wonder” con in primo piano l’efebico Nuno Bettencourt a giocare il ruolo di strappa-mutandine.
Niente di più falso!! Gli Extreme furono una band inusuale dalla grande personalità, che riuscì nell’impresa di fondere insieme le funamboliche ritmiche dei Van Halen, la sfacciata grinta degli Aerosmith e la pomposità corale dei Queen. Il tutto ricoperto da uno strato di Funky che dava quell’impronta inconfondibile ai brani.
Il successo del precedente “Pornograffitti” portò i quattro ad un’esposizione elevatissima. Si può quindi immaginare quanta pressione dovettero sopportare durante la fase di composizione del suo successore. Le possibilità erano due, seguire la via più semplice, cioè quella di dare in pasto al pubblico l’ennesima “More Than Words” in modo da avere la vita facile. Oppure continuare per la propria strada, rendendosi immuni da qualsiasi influenza esterna.
Secondo me con questo “III Sides To Every Story” scelsero la via più complicata, realizzando un lavoro di lunga durata, più melodico ma meno diretto che in passato. Lo so che molti fans di prim’ora non saranno d’accordo con me, infatti l’album deluse molti proprio a causa dell’eccessiva presenza melodia a discapito del lato Rock. Paragonato a “Pornograffitti”, si nota subito la maggior limpidezza (forse esagerata) della produzione, i brani sono ritmicamente meno complessi, ma stranamente (esclusi alcuni brani) hanno tempi di assimilazione più elevati.
La particolarità del lavoro è quella di essere diviso in tre parti (attenti al titolo dell’album), ognuna a rappresentare tre diversi aspetti del mondo musicale Extreme.
La prima parte è quella che più si avvicina ai vecchi lavori, l’anima Funky-Rock è ancora presente in buona misura, sicuramente meno grezza che in passato, ma sempre efficace. Quà fu estratto il primo singolo, la trascinante “Rest In Peace”.
I quattro sono ormai una macchina da guerra, sezione ritmica spaventosa nello scandire il tempo e nonostante l’ostentazione tecnica non sia a livello di “Pornograffitti”, possiamo ugualmente notare quanta maestria pongano nel far risaltare ogni nota. Logicamente i due protagonisti sono l’eccezionale accoppiata Nuno Bettencourt (chitarra)-Gary Cherone (voce), da sempre unici compositori del gruppo. Questi due messi assieme riuscivano a creare un alchimia magica che si dissolse non appena si separarono.
Per chi non ha mai sentito nulla degli Extreme, deve sapere che Bettencourt è stato uno dei migliori chitarristi uscito dagli anni ’90. Possedeva (possiede!) una tecnica spaventosa ed una padronanza di quel pezzo di legno con le corde che lo portava in tutta semplicità a spaziare in svariati generi e tecniche. Ma la tecnica sappiamo essere secondaria alla creatività. A lui non mancava certo la fantasia e la voglia di progredire in altri campi, infatti in “III Sides….” oltre alla chitarra, suona il piano, le percussioni, canta, ed in più ha arrangiato e prodotto buona parte del lavoro.
La seconda parte invece ci presenta gli Extreme più melodici, in buona parte acustici, quelli conosciuti in brani come “Rock A Bye Bye” e “Song For Love”. Molti videro i fantasmi di “More Than Words” riapparire, accusando il gruppo di voler seguire il successo di quel brano. A difesa del gruppo, va detto che questa propensione alla melodia “facile” ma non banale è sempre stata nel loro D.N.A., poi se la qualità dei brani è elevata come “Senen Sundays”, la divertente “Tragic Comic” (secondo singolo) e “Stop The World” (terzo singolo), non ci sono critiche che tengano.
La chiusura è affidata al lato più pomposo e sinfonico del gruppo. La chitarra è relegata in secondo piano, a regnare sono il piano e le orchestrazioni maestose create da Bettencourt. E’ qua che Gary Cherone da la sua migliore interpretazione di sempre. Il brano di chiusura “Who Cares?”, che non sfigurerebbe in un musical, ci mostra tutta la passionalità del cantante. Vi giuro che l’immagine creata dall’ascolto di questo brano è quella di un solitario Cherone mentre si esibisce sopra il palco di un vecchio teatro. E poi secondo me “Who Cares?” contiene il miglior assolo di Bettencourt, nulla di supertecnico, però l’intensità e talmente elevata da pensare di non resistere a tanta bellezza (maledetto Nuno!).
Ripeto, l’album è impegnativo e la durata non facilita la cosa, ben 76 min. Non è perfetto, qualche taglio l’avrebbe un po’ snellito, comunque lo metto allo stesso livello di “Pornograffitti”.
Sono solo differenti, due diverse parti della stessa storia-gruppo, entrambi fondamentali per capire chi erano gli Extreme.
Carlo “Carma1977” Masu

Track list:
1. Warheads
2. Rest In Peace
3. Politicalamity
4. Color Me Blind
5. Cupid’s Dead
6. Peacemaker Die
7. Seven Sundays
8. Tragic Comic
9. Our Father
10. Stop The World
11. God Isn’t Dead?
Everything Under The Sun

12. I – Rise’n Shine
13. II – Am I Ever Gonna Change
14. III – Who Cares?

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