Recensione: III The Rommel Chronicles
Tre dischi e tre centri. Preciso ed efficace come il più spietato dei cecchini, il commando Hail Of Bullets torna con il suo terzo lavoro sulla lunga distanza, III The Rommel Chronicles e, proprio come era successo nei casi precedenti, convince su tutta la linea. Ma andiamo con ordine, ricordando le vicende di quello che, nato come un semplice divertissement, rischia di diventare uno dei gruppi faro del death metal classico, visto in un’ottica moderna. Nati nel 2006 praticamente per gioco, con il fine di glorificare a dovere il suono della vecchia scuola all’epoca passato in secondo piano, gli Hail Of Bullets vedono la propria line-up costruirsi attorno a nomi conosciuti della scena olandese, quali soprattutto Martin Van Drunen alla voce (vero e proprio deus ex machina del death europeo, già frontman di act quali Pestilence, Asphyx, Bolt Thrower e Comecon, tra gli altri), Paul Bayeens (Asphyx) alla chitarra ed Ed Warby (Orphanage, Gorefest) alla batteria. Dopo una breve gavetta, è la Metal Blade a metterli sotto contratto; il primo full length vede la luce nel 2008: …Of Frost And War è un lavoro possente, pesante come un cingolato e glaciale come l’inverno russo, la cui spietatezza viene sapientemente descritta in un concept dedicato alle cronache dal fronte orientale della Seconda Guerra Mondiale, dall’Operazione Barbarossa alla Battaglia di Stalingrado. L’ottimo debutto viene bissato da On Divine Winds del 2010; questa volta è il fronte del Pacifico ad essere lo scenario descritto dal corpo d’élite olandese e si sviluppa in modo fondamentalmente diverso dall’esordio: atmosfere e suoni più aperti, più epici ed anthemici, come se il clima tropicale di Guadalcanal e i cieli infuocati di una Tokyo devastata dal napalm avessero in qualche modo stemperato la freddezza tipica del lavoro precedente, senza diminuirne comunque l’efficacia.
Arriviamo ai giorni nostri, gli Hail Of Bullets non si allontanano dalle tematiche militari e dedicano in toto la loro terza opera ad Erwin Rommel, la Volpe del Deserto, una delle figure più significative legate agli eventi militari che caratterizzarono il secolo scorso. Come abbiamo visto, l’aspetto lirico è cruciale nella produzione del combo orange: la scelta di focalizzare i testi di un intero disco sul Feldmarschall germanico va letta in un’ottica assolutamente storiografica e non politica; Rommel, pur essendosi asservito al Reich hitleriano, tra i gerarchi nazisti è forse quello dalle gesta meno ideologizzate, in quanto radicalmente legate all’attività militare sul campo. Rommel era un soldato, uno stratega, poco incline ai proclami. Paradossalmente, la sua adesione agli ideali del regime fu tanto piena quanto quanto “involontaria” (cit. Prof. G.Rochat) e la sua fine (suicidio su mandato del Furher, dopo il fallimento dell’attentato del 20 luglio 1944, in cui Rommel sembrerebbe essere stato coinvolto come congiurato) può essere vista come il simbolo di rivolta, seppure tardiva, allo scellerato piano nazista.
Ma veniamo alla musica: è sufficiente premere il tasto play che immediatamente immagini in bianco e nero si proiettano davanti agli occhi dell’ascoltatore, catapultato indietro nel tempo, su campi di battaglia tetri e fumosi. La principale capacità degli Hail Of Bullets è quella di riuscire a creare scenari di guerra realistici senza ricorrere ad artificiosi effetti speciali cinematografici. E’ tutta atmosfera, costruita attraverso un death quadrato, marziale, di vecchia scuola come impostazione ma assolutamente al passo dei tempi come produzione e pulizia sonora (il mix e il master sono a cura del mastermind Dan Swano). In questo terzo lavoro, gli Olandesi sembrano essere riusciti a sintetizzare gli elementi caratteristici dei due primi lavori: c’è l’essenzialità di …Of Frost And War e l’epos di On Divine Winds. Pur senza introdurre particolari novità, III The Rommel Chronicles è un’assoluta conferma che elegge gli Hail Of Bullets a maestri del metal più militaresco, anche in considerazione dello stand by prolungato in cui si trovano gli altri war master Bolt Thrower.
Ogni traccia è parte amalgamata di un insieme compatto e possente: si parte con la pesante Swoop Of The Falcon, dedicata al Rommel-soldato: il riffing è sicuro quanto semplice, le ritmiche mai esasperate, l’andamento è cadenzato e trascinante. Non c’è tempo per rifiatare e subito ci si fionda nel cuore delle battaglie della Prima Guerra Mondiale, che fecero guadagnare al temibile Svevo la più alta decorazione al valore militare germanica (Pour Le Mérite). Se Van Drunen alla voce conserva la cattiveria del passato e rimane riconoscibile tra mille, la sua brigata non è da meno e, pur non esibendosi in chissà quali tecnicismi, compie il proprio dovere senza macchia. Esempio in questo senso DG-7, tipica canzone Hail Of Bullets: introduzione epica e marziale a creare l’atmosfera, poi l’immediata deflagrazione di chitarra e base ritmica, in un continuo susseguirsi di accelerazioni e rallentamenti. Impossibile non citare anche la successiva To The Last Breath Of Man And Beast, breve, intensa e velocissima: nell’urlo centrale “…fire!” preparato e immediatamente seguito dal palm-muting di chitarra, c’è davvero tutto lo spirito guerriero della Gragnola Di Colpi olandese; sempre in tema di punti di forza degli Hail Of Bullets, doveroso soffermarsi anche sull’ultimo minuto di The Desert Fox: batteria che detta inesorabilmente il tempo, chitarra che tesse un motivo lento e tetro, in un crescendo di drammaticità che si interrompe improvvisamente. Tragedia fatta musica. Splendido il lavoro alle chitarre in Farewell To Africa (sia in fase solista che di accompagnamento), che dimostra l’affiatamento tra Gebédi e Bayeens (altre vecchie volpi del death made in Holland), impegnati in un continuo rincorrersi di riff e assoli. A chiudere, la solenne Death Of A Field Marshal: la Volpe è braccata, disillusa, accusata di alto tradimento, la sua fama (momentaneamente) disintegrata. Rommel sceglierà la morte da cianuro, con dignità e nel silenzio della sua casa, piuttosto che coinvolgere nel disonore l’amata famiglia. Una lenta marcia funebre, un drammatico canto di morte la cui forza sta tutta nel testo, alla memoria di un condottiero di valore, ma che nacque dalla parte sbagliata.
Con III The Rommel Chronicles gli Hail Of Bullets diventano definitivamente una certezza nel panorama death metal mondiale. Un album davvero notevole, una conferma assoluta che se non stupisce più di tanto è solo per l’assuefazione alla qualità di cui i fan della band di Amersfoort potrebbero essere vittime. Tre centri su tre: è tempo che la brigata olandese invada l’Europa.
Vittorio “Vittorio” Cafiero
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