Recensione: Il Cappello Ha Tre Punte
Fiaba: mai nome fu più azzeccato per questa band siciliana. Nati nel 1991 a Siracusa per volere di Bruno Rubino, il batterista e l’autore dei brani del gruppo, i Fiaba propongono un rock progressivo davvero particolare, che concilia inserti folk, medievali e popolari con un rock energico e trascinante.
L’esordio dei fiaba avviene nel 1994 con il disco XII- L’Appiccato, pubblicato grazie al contratto con la Mellow Records firmato un anno prima, con cui il quintetto nostrano esibisce fin da subito eccezionali qualità artistiche. Se l’album di esordio raccoglie i primi apprezzamenti ed interessi da parte degli appassionati, il secondo passo dei fiaba non fa altro che continuare ed accentuare questa tendenza, consacrando il gruppo e raccogliendo reazioni entusiaste per il loro secondo disco: è il 1996 e sotto la nuova casa discografica Pick Up records fresca di contratto viene pubblicato Il Cappello ha Tre Punte.
Rispetto al precedente XII- L’Appiccato, Il Cappello ha Tre Punte porta alcune innovazioni all’interno delle partiture delle canzoni, abbandonando in parte il minimalismo ed i suoni scarni degli esordi in favore di soluzioni più elaborate, lasciando spazio ad intrecci e sovrapposizioni di linee strumentali, semplici solamente in apparenza. Vengono inoltre scelte strutture più incisive, quasi “marziali”, dando spazio a fraseggi ritmici ripetuti, di grande effetto nell’accompagnare il cantato quasi recitato di Giuseppe Brancato. Il risultato di tutto questo è particolarmente evidente all’interno di brani come La Profezia, dove lo stesso riff portante è riutilizzato con piccole varianti durante quasi tutta la durata della canzone, affidando alla recitazione della voce il difficile ma ben riuscito compito di mantenere viva la scena.
Se un indurimento del suono appare subito evidente dalle prime note del disco, altrettanto evidente è il legame con XX- L’appiccato per quanto riguarda l’utilizzo della formula fiaba-canzone, sapientemente condita da una spiccata e tagliente ironia e da una grande voglia di mettersi in gioco.
Un’altra curiosità per un gruppo che fa della leggerezza della melodia uno dei suoni punti-cardine è la decisione volontaria di non inserire tastiere all’interno delle partiture. Questa scelta in apparenza insolita fa sì che il difficile compito di dare agilità e scioltezza alla composizione finale venga affidato completamente agli altri strumenti, specialmente alle chitarre, che assolvono al meglio questo compito, rendendo una volta in più i fiaba più unici che rari.
Come già anticipato dal nome stesso della band, la protagonista principale delle dieci tracce del disco è la fiaba, cantata, recitata, declamata dal cantante Giuseppe Brancato. I protagonisti delle dieci canzoni-fiaba che compongono il disco narrano la storia dei più disparati soggetti: mostri, giganti, draghi, folletti, “omini”, uomini ed animali; tutti rigorosamente provenienti dal mondo della fantasia e spesso in contatto tra loro, dove gli animali hanno attitudini e comportamenti quasi umani come le rane “modeste” vittime di un destino beffardo de La Rana Affogata (morte di Ranero), gli omini de I Cento Stivali che aiutano il calzolaio in difficoltà, i mostri dotati di sentimenti umani segregati da uomini che diventano mostri a causa del loro agire in Turpino Il Mostro.
Le atmosfere spesso giocose, allegre e gli argomenti trattati lontano della realtà sembrano tali solo in apparenza. Il mezzo semplice e quasi spensierato della fiaba nasconde al suo interno diversi significati più profondi che, dopo una semplice riflessione, non faticano certo a ritrovare una corrispondenza attuale. I temi affrontati come l’esclusione del diverso come avviene ne L’Omino di Latta, dove la differenza è oggetto di morbosa curiosità o la storia di Turpino il Mostro, isolato e rinchiuso a causa del suo aspetto; la paura delle cose sconosciute e del potente, ai cui ordini si ubbidisce anche se genera problemi di moralità e rimorsi di coscienza, come avviene in Hanno Ucciso il Drago o l’abuso del potere del potente come raccontato ne I Cento Stivali altro non sono che una trasposizione dell’attuale realtà.
In ultima analisi, il punto maggiore di forza dei fiaba sta proprio in questo giusto equilibrio tra testi-allegoria, musica e semplicità espressiva, che rende il gruppo potenzialmente apprezzabile anche da parte di un pubblico non di nicchia, non necessariamente avvezzo a sonorità prog rock eccessivamente complicate; il merito dei fiaba è quello di essersi evoluti nello stile senza sacrificare o rendere difficile all’ascolto la melodia.
La prima stampa del Il Cappello ha Tre Punte risale al 1996 sotto l’etichetta Lizard Records, un’etichetta indipendente che inizialmente si appoggiava alla Pick Up Records di Bassano del Grappa, prima di rendersi autonoma nel 1998. La seconda ristampa del disco è della Pcfilm e risale al 2004.
Silvia “VentoGrigio” Graziola
Fomazione:
Giuseppe Brancato: Voce
Salvatore Salice: Chitarra Elettrica e Acustica
Bruno Rubino: Batteria, Cori
Cosimo Franchino: Basso
Antonio Arcidiacono: Chitarra Elettrica e Acustica, Cori.
Tracklist:
01: L’Omino Di Latta
02: Turpino Il Mostro
03: Il Cappello Ha Tre Punte
04: La Rana Affogata (Morte di Ranerò)
05: Il Segreto Dei Giganti
06: La Profezia
07: Il Passo Della Gallina
08: I Cento Stivali
09: Hanno Ammazzato Il Drago
10: Scerinnath Il Fiore Delle Bugie