Recensione: Illuminati (TEN)
Fa sempre piacere avere in mano una nuova produzione dei Ten. Non si può, infatti, dimenticare come a metà anni novanta, in pieno delirio alternativo-grunge, la band di Gary Hughes fu uno dei pochi, fieri portabandiera di quell’heavy rock pomposo che pareva ormai aver dato il proprio meglio ed essere stato definitivamente defenestrato dalle nuove tendenze di Seattle. A più di vent’anni di distanza dalla propria fondazione, invece, i Ten sono attivissimi e godono di un nutrito e convinto seguito, che certamente attendeva con ansia il successore del buon Gothica, pubblicato poco più di un anno fa.
Ecco, quindi, il nuovo Illuminati, appena dato alle stampe dalla prolifica Frontiers. Gli ingredienti fondamentali non sono cambiati: la formazione della band è la medesima da ormai quattro album, così come è confermata la presenza in sede di produzione di Dennis Ward (con Gary Hughes), che supporta i Ten dai tempi di Stormwarning (2011). Il risultato è un altro ottimo disco: splendidamente suonato e arrangiato, pieno di melodie ariose e di semplice presa, ma non per questo banali, Illuminati declina in dieci brani il tema dell’omonima, fantomatica ed esoterica, organizzazione di professionisti dediti al governo del mondo. Lo fa con la consueta classe a cui siamo stati ben abituati dai Ten nel corso dei decenni. L’apertura, incarnata da Be As You Are Forever, concentra in sé tutti i tratti distintivi della band britannica, grazie a un refrain certo pomposo, ma di grande stile, capace di tenere subito attento l’ascoltatore, che non potrà non godere del piglio con cui la band lo introduce in Illuminati.
Shield Wall, The Esoteric Ocean e Jericho proseguono in perfetta continuità con l’opener, regalando bei momenti di hard & heavy melodico, in virtù soprattutto di ritornelli cristallini.
Rosetta Stone scarta leggermente dalla linea fino ad ora tracciata da Illuminati, rallentando i tempi e rappresentando il classico mid-tempo dei Ten, pienissimo di atmosfera e suoni avvolgenti.
La title-track si apre con un giro di pianoforte che fa subito ben sperare, per poi sfociare in un riff quasi power metal e in una strofa piacevole che si vena di una certa oscurità, prima di allargarsi in un ritornello un’altra volta arioso e di grande qualità.
Heaven And The Holier Than Thou è quasi teatrale grazie a un incedere drammatico e vagamente gotico che la rende il vero gioiello di Illuminati. Se Exile non sfigura rispetto al pezzo che la precede, pur giocando sul medesimo terreno, Mephistopheles solleva un’aria al limite del musical orrorifico: il brano è notevole ed è impreziosito da un assolo splendidamente melodico.
Infine, Of Battles Lost and Won soddisfa la lunga attesa dell’ascoltatore, che è certo dell’arrivo della classica ballata dei Ten, gonfia di se stessa e pregna di quella malinconia epicheggiante che è forse il tratto più proprio della scrittura di Gary Hughes. Il pezzo è naturalmente bello e melodicissimo (anche nel pregevole assolo).
E così si conclude Illuminati, l’ennesimo prodotto ben confezionato dalla band britannica. Come la maggior parte dei dischi dei Ten, anche Illuminati non denota difetti evidenti e, anzi, soddisfa alla grande le attese dei rocker. E come la maggior parte dei dischi dei Ten, anche Illuminati non scarta troppo dalla ricetta rodatissima nel corso di più di due decenni di carriera: quasi tutti i brani di Illuminati sarebbero potuti apparire nelle scalette di quasi tutti i dischi dei Ten. Al lettore (e ascoltatore) giudicare quanto e se ciò sia un bene. Al recensore resta di constatare la coerenza delle produzioni di Gary Hughes, capace di garantire costante qualità, seppur senza sobbalzi.