Recensione: Im Wald

Di Costanza Marsella - 29 Novembre 2020 - 14:32
Im Wald
78

Sebbene la storia del progetto Paysage d’Hiver – di cui Tobias Möckl, in arte Wintherr, ne rappresenta l’unica mente e mano – sia più che ventennale, Im Wald ne costituisce la prima incarnazione sulla lunga durata. La one man band ha difatti alle spalle ben quattordici tra demo e split, che hanno via via accresciuto una certa fascinazione nonché aura quasi misterica attorno questo nome. Nome che ha progressivamente modellato una poetica granitica ed intransigente – di burzumiana memoria – in un riconoscibilissimo e personale amalgama black/ambient a matrice depressiva, non disdegnante  una certa passione per i synth e gli archi. Che Wintherr abbia militato tra le fila del progetto dei connazionali Darkspace, può fornire a chiunque non si sia mai approssimato alla sue composizioni, l’ispirazione da cui prende forma l’opera del nostro. Tutto risulta accompagnato da una veste grafica che, anziché essere mera presentazione del prodotto, è parte integrante di quanto intende essere veicolato dai lavori: l’inverno, in tutte le sue forme e declinazioni. L’inverno perenne dell’anima, che trova il suo naturale riflesso in una natura gelida ed arcana, candida ed amorfa.

Tale afflato trova posto anche in una produzione che risulta volutamente low-fi, grezza e potente ma per nulla amatoriale, in grado di avvolgere completamente l’ascoltatore nell’esperienza dell’ascolto. Im Wald, difatti, non è altro che un’esperienza sensoriale a tutto tondo in cui calarsi per tutte le due ore di durata, scorrenti senza soluzione di continuità, come il filo rosso di una narrazione unica. La trama a maglie grossa qui intessuta, fatta di insistenti blast beat nonché di un riffing tanto monolitico quanto efficace – trafitto qui e lì da inserti melodici – poco si confà all’ascolto distratto o discontinuo, non in grado di restituire appieno lo spessore della prova data da Wintherr. In tale oscuro gioiello trovano inoltre posto brani come Schneeglitzern, in cui l’ululare del vento fa da sfondo a tastiere melanconiche, quasi un miraggio lontano in una bufera impenetrabile – movenze riprese anche dagli intermezzi Eulengesang e Verweilen. In composizioni come Stimmen im Wald – introdotta da un toccante cantato a cappella, quasi memore di un coro gregoriano- e Le rêve lucide che, tra muro sonoro generato dalla componente black metal, synth e fraseggi violinistici, seppelliti, come una voce smarrita nel vento, dal riffing e dai blast beats, rappresenta una delle sintesi più compiute dell’intero lavoro di Paysage d’Hiver, alla stregua del lavoro complessivamente inteso.

Im Wald può essere difatti pensato come una summa di quanto prodotto da Tobias Möckl dal 1998 in poi, la forma più compiuta e definitiva del suo verbo, l’acme in cui si riversano tuttavia anni di esercizio stilistico, come un calice perennemente traboccante. Per tali ragioni, chiunque abbia apprezzato quanto licenziato dalla one mand band svizzera fino a questo momento, dovrebbe far proprio senza indugio quest’ultimo capitolo, che può tuttavia essere ben consigliato anche a chiunque abbia il desiderio di approcciarsi per la prima volta a questo progetto dall’ardua fruizione.

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