Recensione: Impressions
Debutto piuttosto interessante questo dei torinesi Elegacy, che propongono un denso concentrato di progressive e power metal dal sapore sinfonico, con radici da ricondurre ai Symphony X più neoclassici e, per certi versi, ai primissimi Rhapsody e Labyrinth, pur denotando una personalità già indipendente e sufficientemente marcata. A proprio agio nel ruolo di principali songwriter della band, si fanno apprezzare il pianista Constantin Terzago e il polistrumentista Massimo La Russa (chitarre, basso e tastiere), dotati tanto della fantasia necessaria per ideare modelli ritmico-melodici suggestivi e non banali quanto delle doti tecniche indispensabili per metterli in atto. Gli undici brani di cui si compone questo Impressions denotano costruzioni robuste in grado di sostenere con una certa disinvoltura la prova del tempo e nel contempo di catturare rapidamente l’attenzione con la loro fresca immediatezza.
Riuscire a percorrere sentieri che conducano alle vette del genere nell’affollato panorama prog-power è impresa tutt’altro che facile, la quale necessita di innovazioni originali o di brani di alta qualità (o, ancor meglio, di entrambe le cose assieme). E’ soprattutto sul secondo di questi requisiti che scommettono gli Elegacy, e la strada fin qui imboccata sembra promettere bene. Nonostante un produzione non esattamente perfetta, già l’opener Towards the Unknown riesce infatti a dare il risalto meritato a ciascuno strumentista, con il vocalist Gianluca Girardi (Paladine, Soultaker, Time Machine, Wintermist) subito a proprio agio nel ruolo di grintoso interprete di melodie né facili né scontate. Un approccio ammiccante a un hard rock insieme potente e raffinato disegna la cornice di un quadro dipinto da mani perite e versatili, allettante antipasto che apre la via a una sfilza di portate decisamente invitanti. I brani immediatamente successivi paiono infatti dare una svolta più power-oriented al sound, trascinati dalle cavalcate in doppia cassa del bravo Massimiliano La Bue, capace di unire senza apparente sforzo potenza e creatività, e dai poderosi riff macinati dal duo La Russa – Danilo Bar, quest’ultimo già axeman degli stimati White Skull, dai quali pare aver esportato una sostenuta dose di epica potenza. Qualità in crescendo che tocca alcuni degli apici del disco nell’esaltante refrain della progressiva Falling e nella travolgente Dream Hunter, in cui si fa più consistente il tributo per la band di Turilli e Staropoli. I toni si smorzano nella prima delle due ballad del lotto, My Last Words, affascinante ma inferiore alla sorella The Veil (Pyramus et Thisbe), più coinvolgente e ispirata. Dopo un paio di episodi relativamente sottotono la qualità registra una nuova impennata con la trascinante The Wizard’s Cave, in cui alcune apparenti forzature vocali di Girardi sono lasciate nell’oblio da un chorus d’eccezione, degno apogeo di un brano costruito a regola d’arte.
E’ questo l’ultimo vero acuto di un disco che pur senza registrare veri e propri bassi non riesce in alcuni passaggi a confermare i livelli di qualità toccati coi suoi brani migliori. Negli episodi meno convincenti difatti la tendenza pare quella di tentare il riscatto di strutture sì precise ma non sempre coinvolgenti con cori d’impatto: uno schema che non sempre dà i frutti sperati, e i brani che spingono in modo più insistente sull’aggressività a scapito della melodia – ne sono esempi la monocorde martellata The Sign of the Hawk o il mezzo ruggito The Word You Hear – finiscono solo per appiattire il sound senza aggiungervi alcuno spunto di interesse. Ciononostante la qualità dell’album rimane buona, la proposta interessante e le potenzialità dei musicisti notevoli. Resta da vedere se in futuro la band sarà in grado di ovviare alle pecche fin qui evidenziate – non molte a dire il vero – magari puntando su una produzione di maggior qualità e su un numero inferiore di tracce. Quel che rimane è un disco promettente, che probabilmente piacerà agli amanti del power prima che a quelli del prog, nonostante sia per molti versi più affine al secondo dei due generi. Le premesse sono valide, la band da tenere d’occhio.
Tracklist:
1. More than a Man
2. Towards the Unknown
3. Falling
4. Dream Hunter
5. My Last Words
6. The Sign of the Hawk
7. The Endless Struggle
8. The Wizard’s Cave
9. The Veil (Pyramus et Thisbe)
10. Lucid Storm
11. The Word You Hear