Recensione: In Chambers of Sonic Disgust
Gli Illdisposed sono stati uno degli act più prolifici nell’ambito del metal estremo, parte death. Sino al 2019 i full-length erano quattordici. Poi, il patatrac. Il Covid-19 ma soprattutto la diagnosi di cancro al cervello per il chitarrista Rasmus Henriksen, che ha dovuto abbandonare la scena per curarsi, hanno imposto uno stop forzato di ben cinque anni. Il peggio è ora passato e quindi, una volta rimessisi all’opera, hanno dato vita a “In Chambers of Sonic Disgust”, il quindicesimo pargolo.
Se si rammenta, il combo danese, seppur supportato sia da una tecnica strumentale ineccepibile e sia da label di rilievo come AFM Records prima e Massacre Records poi, non sono mai riusciti a bucare il diaframma che divide le band di successo da quelle in tal senso meno fortunate.
Evidentemente, allora, il fermo obbligato deve avere regalato nuova linfa alle menti compositive del combo di Aarhus poiché “In Chambers of Sonic Disgust” si mostra, sin dalla prima nota, diverso da ciò che proponeva la produzione precedente. Principalmente nella varietà di soluzioni presenti, piuttosto lontane, come appeal, da una certa monotonia che marchiava a fuoco i dischi ante-2020.
Il platter, difatti, sorprende di primo acchito per un livello artistico cresciuto nelle sue componenti essenziali. Anzitutto la struttura portante, sempre potente e massiccia (Bo “Subwoofer” Summer non è tipo da scherzare, con il growling) ma dotata di tantissime diramazioni atte a creare uno stile personale tuttavia vivace, fresco, scoppiettante e, novità, anche melodico al punto giusto, creando parecchie armonie orecchiabili ma non certo catchy (‘Spitting Your Pain’).
Il che significa che le canzoni presentano una differenza reciproca congenita, senza alterare, però, il flavour che emana l’LP. Un flavour al passo coi tempi che comprende anche un utilizzo abbastanza esteso dell’elettronica (‘Lay Low (with Sandie The Lilith)’), sì da dare una passata di modernità sulle pareti di sound in ogni caso roccioso (‘I Walk Among the Living’) e in alcuni tratti anche aggressivo (‘Start Living Again’).
Oltre all’ormai leggendario Summer, tutta la band si mostra in grande forma. Jakob “Batten” Hansen e Ken Holst, i chitarristi, quando c’è da sparare sparano (‘Flying Free’) mediante un riffing granitico che sa un po’ di thrashy. Il che non esula i due axeman di realizzare sequenze di riff piacevolmente sciolti e lineari, che scivolano perfettamente su uno stile che, stavolta sì, si può dire, risulta estremamente personale. Oltre, naturalmente, a qualche assolo/ricamo ben centrato come nella cupa e oscura ‘For Us’.
Irreprensibile, anche, la spinta energetica fornita da Onkel “Kussen” Jensen al basso, che passa dall’ammorbidire ciò che esce dagli speakers a bombardare la schiena di chi ascolta. Rasmus Schmidt, poi, presenta con massima professionalità praticamente tutti i tipi di ritmi che si usano abitualmente in questo campo, compreso i blast-beats (‘All Electric’).
Ma la vera sorpresa arriva alla fine. ‘All Electric’, con il suo andamento altalenante come le onde del mare, è l’hit dell’album. Le tastiere saettano nell’atmosfera salmastra per preparare l’orecchio alla sezione finale della song stessa, alimentata da una spettacolare melodia che non si sa dove abbiano potuto prenderla, cantata dal profondo growling di Bo Summer.
Allora è vero, perché è da sempre nell’aria: gli Illdisposed hanno nelle corde il talento per creare arte ad alto livello, alzandosi per bene dalla marea in cui si agitano le formazioni che fanno della mediocrità il loro segno caratteristico. “In Chambers of Sonic Disgust” è un’opera da gustare e rigustare, poiché il suo carattere è davvero forte, intenso. Il perché sia avvenuto solo adesso questo risveglio, beh, è un’altra storia.
Daniele “dani66” D’Adamo