Recensione: In Concert 1987 Abigail
“This Album is LIVE in the true sense of word”
Non sono parole di alcun testo quelle qui sopra riportate, semplicemente le ho tratte dal retro di copertina del platter che sto andando a recensire, parole che racchiudono la vera essenza del platter stesso. Subito dopo aver pubblicato il suo album solista “Abigail” King Diamond, nel tour annesso, registra una serie di sue prove che gli consentono di incidere il album dal vivo della sua carriera. Attende però qualche anno prima di metterlo sul mercato, e bisogna aspettare il 1991 per veder uscire nei negozi “In Concert 1987 (Abigail)”. Come detto primo live della carriera del singer danese (esclusi i vari bootleg), “In Concert..” contiene, ovviamente, numerosi pezzi tratti dal capolavoro citato all’inizio, tuttavia non bisogna pensare che sia identico ad esso, infatti il re è capace di andare a pescare qualcosa anche dai suoi precedenti EP, dall’album Fatal Portrait e persino dal materiale risalente a quasi un decennio prima, per intenderci quello dei Mercyful Fate. La lineup che si esibisce sul palco è di quelle da ricordare. Abbiamo infatti King Diamond alla voce, Andy Larocque e Michael Moon alle chitarre, Mikki Dee alla batteria e Timi Hansen al basso. Il live, tecnicamente parlando, presenta numerosi pregi ma anche qualche difetto. Partiamo dai difetti. Nonostante il quintetto elitario che suona e canta, non sempre l’album risulta fluente, in quanto la produzione è solo discreta, e le stesse registrazioni evidenziano diversi pessimi settaggi della strumentazione e del microfono (che spesso stride fastidiosamente). Anche King va un po’ a scatti, al contrario dei suoi compagni, tutti su di giri. Infatti secondo me il Re non si produce al suo meglio in tutte le canzoni, e passa da tracce in cui è letteralmente una macchina, a parti dove non si sente molto, sommerso dal suonato e/o dai microfoni (lo stesso falsetto, come naturale, dopo un po’ di tempo risulta un attimo più affievolito). C’è però da dire, di contro, che se non altro questi imprevisti dimostrano la totale originalità del prodotto, messo sul mercato senza nessun ritocco in studio o mezzucci del genere. Passiamo ora ai pregi di questo prodotto. Errori o non errori, pazzo è chi pensa che questo sia un disco “freddo”. La gente che si sente esultare sotto i vari pezzi (durante tutta la loro esecuzione) se ne frega degli imprevisti citati poco sopra, ed è letteralmente esaltata, in ogni frangente di questa ora di concerto. Si sprecano i battiti di mani, gli incitamenti dei musicisti alla folla, i boati (alcuni, soprattutto quello che accompagna la prima tastiera di “Funeral”, che corrisponde all’ingresso in scena del combo, è impressionante, quasi da pelle d’oca) sono una scarica di pura adrenalina, e credo che questo sia forse il lato più importante di un disco che riproduce una esibizione dal vivo. Punti focali del Cd sono senza dubbio anche i due assoli (uno di chitarra e uno di batteria) che, oltre a dimostrare quanto bravi siano gli esecutori di tali assoli, si incastrano alla perfezione con le “vere” tracce , senza risultare noiosi, monotoni o inopportuni. Passiamo alle canzoni vere e proprie : esse sono dieci (più appunto i due solos), e racchiudono alcune delle perle più splendenti della carriera di King. Partiamo quindi da una “Funeral” che sta a In Concert come una “War of Wrath” sta ai concerti dei Blind Guardian, passiamo per i gioielli di Abigail tra cui la titletrack, “The Family Ghost” (una delle migliori interpretazioni del lotto, interpretazioni tra l’altro tutte personalizzate splendidamente, mai canoniche) e “Arrival” (questa incredibilmente distorta), e arriviamo a brani non del capolavoro di King fatto disco, ma lo stesso impostesi tra le leggende dell’uomo danese. Parlo in particolare di “The Candle” e di “Come to the Sabbath”, tra l’altro una delle song dove il nostro canta peggio, senza però intaccare minimamente il fascino della song stessa (come sempre travolgente nella sua maestosità il tratto finale, dove la chitarra elettrica che riproduce l’arpeggio della studio version fa sfracelli). Rimane poco da dire, se non che la chiusura con “No Present For Christmas” è un modo spiritoso e allo stesso tempo geniale per concludere una prestazione a dir poco sopra le righe. Forse questa esibizione non basta ad incoronare In concert come uno dei migliori album di sempre, questo no, è altrettanto vero che certifica questo come uno dei live più “veri” in circolazione. Poco ma sicuro.
Riccardo “Abbadon” Mezzera
Tracklist :
- 1)Funeral
2)Arrival
3)Come to the Sabbath
4)The family Ghost
5)The 7th day of July 1777
6)The Portrait
7)Guitar Solo Andy
8)The Possession
9)Abigail
10)Drum solo
11)The Candle
12)No present for Christmas