Recensione: …In Death Of Steve Sylvester [Reissue – BRA]
Emigrati a Firenze, risorgono dalle urne dei forti i Death SS, la più infernale delle band metalliche. Affolleranno d’incubi le vostre notti con un sound più spettrale che mai…
Questo il sommario, giornalisticamente discernendo, apparso all’interno dell’articolo intitolato I Mostri di Firenze, pubblicato sulla rivista Metal Shock numero 27, uscito nel luglio del 1988.
Fino ad allora, per tutti i comuni mortali interessati alle sorti della siderurgia applicata alla musica, i Death SS erano morti e sepolti… La pietra tombale sul Combo Maledetto era stata posta la notte del 5 giugno 1987, in quel di Soliera, presso la discoteca Sky, teatro del famoso “The Ultimate Show”. L’ultimo loro concerto, o quantomeno l’ultimo utilizzante il moniker Death SS, benché quella formazione, composta da Paul Chain (chitarra), Sanctis Gorham (voce), Claud Galley (basso) e Thomas Hand Chaste (batteria) fosse priva di Steve Sylvester sin dal 1982, l’anima nera che forgiò nell’acciaio, insieme con Chain, le stimmate di quel gruppo di dannati con le “SS” in fondo al nome, rappresentate a mo’ di rune magiche, che infiniti grattacapi addussero agli stessi Death SS da quel giorno in poi.
Nella realtà delle cose, il gruppo chiuse baracca e burattini già nel 1984, ma quel concerto in provincia di Modena fungeva da legittimo lancio per il disco “The Story of Death SS”, pubblicato da Minotauro e che, nonostante dei suoni imbarazzanti – per usare un eufemismo – forniva un’idea ben precisa di cosa volesse dire immergersi nel mondo Death SS, sia a livello mi musica che di iconografia. Quella notte di tregenda, raccontata su di un report apparso all’interno della rivista Rockerilla numero 83/84 del luglio/agosto 1987, passò alla storia del Metallo Italiano per via di un misterioso striscione vergato col sangue appeso fuori dalla discoteca che così ammoniva: “Death SS significa in morte di Steve Sylvester… ma Steve Sylvester è ancora vivo!”.
Sua maestà infernale era a tutti gli effetti vivo e vegeto, nonché particolarmente attivo in quel di Firenze, ove da tempo si era trasferito, nell’allestire Il Ritorno dei Morti Viventi. Tanto lavoro sotto le ceneri, fra una catacomba e l’altra – difficile definire quella di via Ghibellina una sala prove, ehm… – diede alfin frutto. Già… un frutto del peccato, che prese la forma, il 20 dicembre del 1988, di quel disco dalla copertina scioccante, con un lugubre figuro nel mezzo, in atteggiamento demoniaco a dir poco.
Il titolo di quel lavoro?
…In Death of Steve Sylvester, in pratica la trasposizione per esteso del significato di Death SS, a segnare il primo, tangibile passo atto a spiegare al mondo, là fuori, il vero e unico significato della doppia esse.
Ad accrescere l’interesse verso il più clamoroso come back in ambito hard and heavy tricolore, ci pensarono le riviste guida del settore, H/M e Metal Shock, rispettivamente nei numeri 59 e 38, usciti a gennaio del 1989, che riportarono due interviste proprio al lugubre figuro di cui sopra: il Re degli Inferi Steve Sylvester.
La possibilità tangibile di tornare a parlare di …In Death Of Steve Sylvester, di fatto il primo disco ufficiale dei Death SS, la fornisce l’etichetta brasiliana Black Seal Productions, che alla fine di agosto ha licenziato l’album sotto forma di Cd con quattro bonus track come fatto da Lucifer Rising nel ‘97 in una splendida modalità, ossia recuperando l’immagine originaria uscita nel 1988 per Metalmaster. Non tutte le ristampe successive a quella data fecero riferimento alla grafica primigenia, infatti…
Davvero ottimo il lavoro portato a temine dai brasileiros, in termini iconografici. Con pochi, ma curati accorgimenti grafici sono riusciti a restituire a …In Death Of Steve Sylvester quell’allure magico e mefistofelico che da sempre lo accompagna. La costina, le foto utilizzate per la back cover della custodia cartonata e dello stesso Cd, il booklet di dodici pagine con tutti i testi – alcuni poco leggibili, invero – e le due centrali pregne di un collage di scatti dell’epoca, poi il disegno utilizzato per il dischetto ottico, carico di simbologia esoterica, tutto ha contribuito a rendere di nuovo maledetta quest’uscita. Come si meritava, peraltro!
Il suono luciferino dei quasi 53 minuti di musica contenuti all’interno di …In Death Of Steve Sylvester e declinati lungo nove canzoni rimarrà un unicum all’interno dell’intera carriera del combo fiorentino-pesarese. La violenza atavica espressa da quei pezzi, certo perfettibili ma meravigliosamente crudi, stupendamente e fottutamente h-e-a-v-y m-e-t-a-l , frutto del lavoro di Dario Caroli e Mimmo “Boris Hunter” Palmiotta alla batteria, Ezio “Erik Landley” Lazzerini al basso, Mario “Christian Wise” Assennato e Andy “Kurt Templar” Fois alle chitarre, oltre ovviamente a SS alla voce, segnerà per sempre la Storia dell’Acciaio Italiano.
L’acidità vomitata dall’ugola di Steve, urticante a dir poco, è solo uno degli ingredienti fondamentali in grado di conferire la carica di “nero” che ammanta tutti i brani, nessuno escluso. Il resto viene fornito da un’immagine scioccante, un’attesa spasmodica da parte dei fan, un credo infinito e una leggenda che sin dal ’77 governa le azioni della band. Dai misteriosi solchi di …In Death Of Steve Sylvester si respira a pieni polmoni l’odore di muffa della catacomba nella quale provava la band, in via Ghibellina.
Procuratevi dello zolfo, poi premete il tasto play e preparatevi ad addentrarvi in un viaggio di non ritorno negli Inferi più profondi e remoti…
Buon incubo.
Stefano “Steven Rich” Ricetti
Per chi fosse interessato all’acquisto, mandare e-mail a: deathss.preorder@gmail.com