Recensione: In Eminent Disgrace
Goldenpyre, quando – davvero – il motto è: non arrendersi mai.
Nati nel 1997, nel 2009 erano nel bel mezzo della registrazione del loro debut-album quando una tragedia gettò la band nella disperazione più assoluta: la morte del cantante Jarder.
Il tempo è galantuomo e quindi, passati otto anni e lenitosi un po’ il dolore, “In Eminent Disgrace” vede ora la luce con il nuovo vocalist, Fred.
Il campo d’azione è quello del brutal death metal, territorio nel quale le formazioni iberiche si trovano a loro agio, trascinate da una tradizione che annovera, ormai, alcuni lustri di esperienza a supporto di un buon numero di musicisti. I Goldenpyre, tuttavia, non sono facili da sviscerare nella loro natura più intima, poiché “In Eminent Disgrace” è probabilmente frutto di song elaborate in tempi diversi, se non addirittura tutte risalenti al periodo maledetto. A ciò troverebbe spiegazione il fatto che al posto di Ricardo, batterista ufficiale menzionato nelle attuali biografie del combo di Barroselas, ci sia una drum-machine (sic!).
La quale, com’è ovvio, in un genere come il brutal trova estrema difficoltà a seguire i pattern di un drummer umano; inficiando così gravemente la riuscita complessiva dei brani del disco. I quali, seppur centrati sullo stile, sono rigorosamente piatti e scolastici. Scontati. Privi, cioè, di alcun barlume di vita propria. Affogati in una produzione insufficiente a realizzare un suono professionale. Che riesca, cioè, a esaltare ogni frequenza ampliando la gamma sonora disponibile. Purtroppo per i Nostri, accade esattamente il contrario, per cui “In Eminent Disgrace” pare reiterare per trentasette minuti lo stesso pezzo, invischiato in una mota sonora di scarsissima qualità tecnico-artistica.
Non si tratta solo di cattiva produzione, allora, ma di un deficit complessivo che involve anche il songwriting, anch’esso palesemente insufficiente a generare un minimo interesse in otto canzoni assolutamente indistinguibili l’una dall’altra. Affossate da un sound privo di spessore che, come un rullo compressore, riduce il tutto a una profondità musicale di pochi millimetri.
Impossibile salvare qualcosa, in “In Eminent Disgrace”, proprio a causa di tale uniformità, che impedisce di memorizzare ma soprattutto mettere a fuoco qualcosa d’interessante, in mezzo alla glaciale sequenza di accordi che compone, a mò di automa privo di fantasia, le varie song.
Indecifrabile.
Daniele “dani66” D’Adamo