Recensione: In Rhino We Trust
Nome della band: Steel Rhino! Nome dell’album: ‘In Rhino We Trust’! Mi viene troppo in mente Aleksei Mikhailovich Sytsevich, alias Rhino, tra gli irriducibili avversari di Spider Man ma, beninteso, non quello ipertecnologico dei film più recenti, bensì l’originale, quello che indossa una specie di pigiama grigio con il corno sul cappuccio. Non posso non ascoltarlo!
Scherzi a parte, gli Steel Rhino sono un power trio proveniente dalla Svezia che vede uniti due ex membri dei Boi Bang, il chitarrista Filip Vilhelmsson (lo si ascolta su ‘Rock of Life’ del 2017) ed il batterista Mikael Rosengren (presenta su ‘Sha Na Na Na’ del 2023), con l’attuale vocalist dei Firewind Herbie Langhans (veterano della scena Power europea e facente parte degli Avantasia in sede Live).
‘In Rhino We Trust’ è il loro secondo album, disponibile dal 21 ottobre 2023 via GMR Music Group.
Gli stili sono diversi: i Boi Bang sono una band di sporco Rock ‘N’ Roll stradaiolo e dall’attitudine Sleazy, gli Steel Rhino sono seri e granitici, con un sound Hard ‘N’ Heavy tendente al Power, ma lo scopo è, grosso modo, lo stesso: far cantare tutti, a braccia alzate e a squarciagola.
La Track-List di ‘In Rhino We Trust’ è formata da canzoni orecchiabili e melodiche, la maggior parte dal tiro sostenuto, alcune più cadenzate o marziali, con partiture epiche che alternano alle strofe dei refrain molto anthemici e ficcanti, facilmente memorizzabili per essere assorbiti subito.
Il lavoro è dominato da una bella voce, teatrale e dai toni alti, in pieno stile Power, da un denso lavoro cordofono (eseguito tutto da Filip, compreso il basso) ben stratificato, senza esagerazioni, con ritmiche solide (ogni tanto accompagnate da tastiere riempitive che, sinceramente, potevano anche non esserci), da assoli coinvolgenti e da begli assalti di batteria che danno il giusto tocco ‘tribale’.
Diciamo, però, che vale la regola del ‘vuoi vincere facile’, con pezzi mai troppo complessi e neanche fuoriuscite dai binari.
Il disco suona bene, è prodotto con cura e l’esperienza si sente, quello sì, ma il tutto è fin troppo “ordinario“. È che, a mio parere, il non voler correre rischi ha portato ad un lavoro quasi prevedibile e con poca varietà. Non è tutto piatto, assolutamente no: c’è il tiro veloce di ‘Stand Up And Shout’ e ‘Strike Hard’, la cadenza oscura di ‘We Rise’, la cavalcata marziale della trascinante Title Track e c’è il tocco operistico in ‘Dr Jekyll e Mr Hyde’, in Avantasia Style, per fare un esempio, mentre non è stata inserita la scontata ballad malinconica, ma la formula del “corale” viene ripetuta troppo e questo porta ad un affaticamento dell’ascolto, che, verso le ultime canzoni, si trascina un po’. Ad un certo punto si vorrebbe sentire qualcosa di non precisato, ma diverso.
Niente di male, ‘In Rhino We Trust’, alla fine, è un buon disco che, però, non riesce ad esaltare … decolla ma non sale ad alta quota. Peccato, i numeri per andare alti non mancano e dentro c’è potenziale da vendere. Il rinoceronte è un animale potente ed instancabile, così sarà anche questa band. Aspettiamo.