Recensione: In Silence Descent

Di Manuele Marconi - 23 Ottobre 2024 - 0:49
In Silence Descent
Band: Vananidr
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2024
Nazione:
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78

Tutti gli ambiti dell’intrattenimento, dall’arte allo sport, hanno i loro fuoriclasse (pochi) e i loro mediocri (troppi), che se vogliamo sono le due classi più facilmente individuabili: ci vuole poco a battezzare un fuoriclasse come tale, lo riconosci subito, come anche chi quel mestiere non è proprio capace a svolgerlo. Nel mezzo c’è tutto un insieme di realtà molto sfumate e stratificate, dove si possono trovare elementi che nel gergo del web si potrebbero definire “hidden gems”, gemme nascoste. Questi sono soggetti che, presi in maniera asettica e distaccata, non spiccherebbero quanto un fuoriclasse, ma nemmeno sarebbero da buttare, anzi, e magari per le caratteristiche che hanno potrebbero anche risultare nel personalissimo gruppetto dei fuoriclasse per qualcuno. A questa schiera appartengono i protagonisti dell’analisi di oggi, gli svedesi Vananidr, che tingono di nero l’anno corrente con la loro nuova uscita: In Silence Descent. Il quartetto di Stoccolma è attivo dal 2018, ed è sempre stato costante, sia in quantità che in qualità. Avranno confermato le aspettative?

Il disco si apre con “Forest of Grief“: che dire, ottimo inizio! Uso sapiente del basso, a corredo di un riff principale quasi cullante, tutto sorretto da un’ottima batteria ed un finale di pezzo sicuramente non banale. “The Black Crow and the White Swan” è sicuramente un altro episodio meritevole di menzione: qui abbiamo un brano più atmosferico e sognante – ma non moscio – sullo stile dei finlandesi Alghazanth, tanta roba per chi apprezza il genere. Chitarre taglienti destano l’ascoltatore dalla calma piatta che lo avvolge lentamente come un’inesorabile ipotermia. “Superior to None” rappresenta forse l’apice del disco, portando un cambio di passo di basso e chitarra sul piano dell’ascolto integrale dell’album sicuramente calzante e gradito. L’ascolto però comincia a perdere di mordente con i due brani conclusivi, che non possono essere definiti di scarsa qualità, ma banalmente poco riusciti.

I Vananidr non si smentiscono, e propongono un lavoro molto solido, ben scritto e costruito, con una qualità generale sicuramente sopra la media, un fisiologico calo nel finale non ne intacca minimamente il valore. Gruppi come questo servono nel panorama musicale, in quanto vere e proprie garanzie, un modo per uscire dal circolo dei soliti noti: c’è dell’altro, e meno male!

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