Recensione: In The Cut
Interessante proposta da parte della Frontiers Records, da sempre attiva nella ricerca di nuovi talenti in ambito A.O.R. / Hard Rock ed in grado di offrirci, sul finire dello scorso anno, la piacevole sorpresa a nome Philip Bardowell, artista che probabilmente a molti risulterà sconosciuto, ma che potrebbe divenire entro breve (considerata anche la conferma ottenuta con la sua collaborazione al progetto Radioactive) uno dei beniamini degli aficionados del genere.
Ascoltato qualche tempo fa in veste di frontman dei riuniti Unruly Child nel contraddittorio “UCIII” (e già attivo negli sconosciuti Magdalen), lo ritroviamo in questa sua prima uscita solista alle prese con dieci tracce di cristallino A.O.R. che tanto risulta gradito agli amanti della tradizione melodic-rock e che vede in Foreigner e Journey i propri termini di paragone più importanti.
Sin dalla titletrack posta in apertura infatti le intenzioni paiono chiare: brillante trama con andamento urgente e brioso supportata da una produzione elegantissima e sottolineata dalla convincente prova di Bardowell, in grado di competere con il miglior Lou Gramm dei tempi d’oro; per tutta la durata del cd le atmosfere vengono mantenute su livelli di estrema raffinatezza, regalando un feeling morbido e di grande classe tipico del rock adulto come si era soliti ascoltare negli anni ’80, e che ha quali highlight di spicco alcuni brani davvero convincenti come “One Day In January” e “Dreamin’ With My Eyes Wide Open” (smaccatamente affine ai Survivor), dove è l’eleganza a farla da padrona assoluta, senza scordare l’efficace coro di “Heart of a Hero”, brano che ha nella classe tipica del rock scandinavo di alta scuola il proprio punto di riferimento principale.
Su tutto si evidenzia inoltre il buon lavoro di songwriting a carico di nomi straordinariamente importanti del mondo A.O.R. che davvero non necessitano di presentazioni: Tommy Denander (uomo “ovunque” della scena scandinava, presente sul mercato con un numero pressoché infinito di progetti e qui autore anche di tutte la parti di chitarra, basso e tastiere oltre ad essere responsabile della produzione), Mark Spiro, Bobby Barth, Stan Bush ed il pluriosannato Jim Peterik (Pride Of Lions), personaggi che i cultori del genere hanno imparato ad apprezzare da tempo e che fungono da garanzia di grande qualità.
Un aspetto che i più avranno già intuito dalle prime battute di questa recensione va tuttavia sottolineato e mette in guardia chi è alla ricerca di energia o brani ad alto voltaggio elettrico, piuttosto che di innovazione e spunti di originalità: non avrete certamente grosse soddisfazioni da un prodotto di questo tipo, dedicato decisamente ad un pubblico selezionato di appassionati più avvezzi ad ascolti rilassati e “leggeri” e saldamente ancorati alla tradizione del rock ottantiano più melodico. Un dischetto indicato per momenti in pieno relax, ricco di melodie a volte soffuse e dal profilo spiccatamente “adulto”, un lavoro su cui puntare per chi è solito dilettarsi con i già citati Foreigner, Pride Of Lions e Journey, oltre agli altrettanto veterani Survivor, i più recenti Newman e Storming Heaven ed il misconosciuto A.O.R. hero Zappacosta.
Concludendo il piacevole ascolto dei brani è facile confermare dunque la prima impressione avuta, ovvero quella di essere in presenza di un buon prodotto, degno di estrema attenzione da parte degli amanti del genere; un lavoro eseguito con classe, grande perizia e buon gusto che mi sento di promuovere senza grosse riserve e di consigliare senza remore agli ascoltatori del genere AOR: probabilmente un gradino sotto il superbo lavoro a nome Radioactive, che con Blanc Faces e pochi altri è stato il top dell’anno appena trascorso, tuttavia un prodotto che si farà sicuramente apprezzare ed in grado di risultare piacevole in tutte le sue parti.