Recensione: In the flesh

Di Alberto Fittarelli - 16 Ottobre 2002 - 0:00
In the flesh
Band: Cancrena
Etichetta:
Genere:
Anno: 2002
Nazione:
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65

Molto interessante la proposta di questi ragazzi marchigiani, autori di un brutal death in pieno stile floridiano, che però non disdegna a volte la contaminazione con alcuni elementi estranei ai canoni del genere. Il gruppo nasce nel 1996 come thrash/death act, arrivando, dopo molti cambiamenti della line-up, all’attuale formazione ed a questo stile musicale, indubbiamente debitore di gruppi come Cannibal Corpse e compagni vari, anche se impreziosito da qualche inserto melodico di buona fattura; e pur non avendo sottomano i testi, pare di capire che anche in questi ultimi la band si distingua, a volte, dai canoni classici del genere.

Si parte subito velocissimi con “NewType”, dal riffing spietato ma anche ben variegato: è il basso di Nicola Parente a rendersi subito protagonista con uno stacco davvero efficace, che già mostra all’ascoltatore le capacità tecniche del combo. Purtroppo non tutto il pezzo si mantiene su standard altissimi, con alcune cadute di tono nelle parti più grind, dovute anche ad una produzione ancora un po’ troppo limitata e che rende il tutto abbastanza confusionario. Canzone comunque davvero buona nel complesso, con ottime idee, magari da sviluppare un po’ meglio.
La seguente “Cerebral Biopsy” ci accoglie con un riff che ci rimanda subito agli Slayer, ad esempio, di “South of Heaven”, per poi esplodere nella classica sfuriata death, con un buon lavoro delle due chitarre ed una struttura ben articolata: il risultato finale, come in tutto il CD, è però inficiato dalla già citata produzione, con una batteria troppo alta nel mixaggio che copre gli altri strumenti; da notare comunque anche la prova di Marco Radossevich alla voce, più varia in questo pezzo e, generalmente, migliore.
Altra canzone notevole è la quarta “Black Cat Dies”, che inizia con un lungo e lento arpeggio, per proseguire poi con un riff letteralmente rubato ai Cannibal ed un’alternanza di riff velocissimi con altri più cadenzati: il risultato finale è davvero buono, forse solo ancora un po’ disomogeneo.
Sfortunatamente il lavoro si perde molto negli ultimi pezzi, complessivamente più scialbi della prima parte, anche se con notevoli differenze se presi singolarmente: da rivedere sicuramente la sesta traccia, “Sarajevo Burns”, mentre la conclusiva “Criminal Contamination”, ad esempio, riprende gli ottimi spunti già evidenziati precedentemente, con una struttura molto articolata e riff accattivanti.

Dal punto di vista prettamente musicale, quindi il demo presenta alti e bassi notevoli dal punto di vista compositivo, che saranno sicuramente eliminati con la prossima pubblicazione, data anche la caratura dei singoli musicisti. Da migliorare rimane certamente la registrazione: si sa che spesso è la carenza delle adeguate strutture a definirla, ma non bisogna usare questo argomento come alibi per il futuro.
Il discorso riguardo a questo cd non si esaurisce però qui: esso contiene infatti anche un’interessante parte multimediale, leggibile su un normale PC, con (tra le altre cose) varie foto della band e, soprattutto, il video della più volte citata “Black Cat Dies”, reso in maniera sicuramente amatoriale ma comunque molto buona; davvero un’ottima idea, che fa guadagnare diversi punti al demo.

Nel complesso, quindi, una produzione che denota un notevole impegno da parte di questi 5 ragazzi: i futuri lavori serviranno a limare le varie imperfezioni, rendendo il suono più personale ed omogeneo ed i musicisti ancora più affiatati, nell’attesa che una label li noti; e se continueranno a su questa strada non c’è dubbio che la cosa si avvererà.

1. NewType
2. Celebral Biopsy
3. Baby Impertinent
4. Black Cat Dies
5. Systematic Death, Terminal Breath
6. Sarajevo Burns
7. Criminal Contamination

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