Recensione: In the Shadow of a Mountain
Trollband: un nome simpatico e curioso, che senza dubbio farà ricordare un’altra band Folk molto più blasonata che contiene la parola “troll” nel nome (chi ha detto Finntroll?). Ma basta guardare la copertina del CD per capire che questi non hanno niente a che fare con i Finntroll e con le loro canzoni allegre e fracassone.
Una foresta innevata, delle antiche rune e un’oscura montagna, dimora di Skadi (dea dell’inverno nella mitologia nordica). Una visione tanto evocativa quanto “fredda”, che in tutta sincerità mi ha enormemente stuzzicato. Con tanta curiosità ho quindi cominciato ad ascoltare la prima traccia.
Tutto ha inizio con una dolce linea di chitarra, voci clean e orchestrazioni di tastiera. Ma la sottile atmosfera dura pochi secondi: un ruvido scream, batteria in pieno stile Black e riff di granito invadono le orecchie dell’ascoltatore lasciandolo disorientato. Stiamo parlando di “Fire and Ash”, opener di “In the Shadow of a Mountain”. Si tratta dell’album d’esordio dei Trollband, gruppo canadese fondato nel 2007 da Matt Courtemanche (chitarrista) e Sam Levitt (Cantante, tastierista e bassista). Questi due ragazzi, avvalendosi della collaborazione di musicisti esterni, sono riusciti a sfornare un disco che ha destato l’interesse della Runic Era Records, la quale ha deciso di promuoverli. Ma andiamo ad analizzare questa piccola gemma.
Come dicevo sin da subito si nota una forte venatura Black: la voce di Sam Levitt ricorda lontanamente quella di Satyr ai bei tempi di “Dark Medieval Times”; le partiture di tastiera in alcuni casi riportano alla mente i Dimmu Borgir, segno che il duo ha fatto tesoro della scena melodic black scandinava. Tuttavia è altrettanto chiara l’ispirazione al Folk Metal europeo: strumenti a fiato e chitarre acustiche compaiono spesso nei brani, creando atmosfere cupe ma allo stesso tempo epiche. Ne è un esempio la maestosa “Nidhoggr”: un coro malinconico e un sinistro riff di chitarra acustica aprono le danze. Dopo la breve intro, il freddo scream del singer prende il sopravvento, supportato da una chitarra ai limiti del thrash e da un fitto tappeto di tastiere.
“From the thrash of blinding snow, returns the bearers of steel
Arriving at threshold of their ances-tral domain A sight awaits that stops their frozen breath.”
Si continua con “Heathen Blood”, trionfo di velocità e sinfonismo, il tutto condito da una giusta dose di cattiveria. Qui i Trollband iniziano a fare sul serio. Non che le prime due canzoni fossero poca roba, tutt’altro, ma da qui in poi l’album comincia la sua scalata verso l’alto e i prodi canadesi esibiscono tutto il loro estro compositivo.
La breve melodia iniziale serve solo ad illudere l’ascoltatore, per poi lasciarlo spiazzato di fronte a tanta selvaggia potenza. Ancora una volta un riffing che strizza l’occhio al thrash più violento si evolve abbracciando il Folk con passaggi di tastiera davvero evocativi. Dopo essere stati colpiti da quattro minuti di incursioni di batteria e chitarre al fulmicotone, ritorna la pace. Ma l’aria è ancora una volta tetra. Un macabro tamburo e una triste nenia: siamo al cospetto della nera montagna, dimora di Skadi. La voce di Sam apre la monumentale “In the Shadow of a Mountain”.
“Skadi, I cry to the wind! Dweller of old Thrymesheim!
Skadi, queen of the frozen mount!
I beg for my enemy’s name!”
La title-track stupisce per la sua marcata vena teatrale e per le emozioni che riesce a trasmettere all’ascoltatore. La strumentazione minimalista, una grande interpretazione di Levitt e dei cori veramente ispirati sono gli elementi chiave di questa canzone. Cinque minuti e quaranta secondi di puro genio musicale, di musica fatta teatro (drammatico), che fanno capire il potenziale che celano questi giovani ragazzi. Senza ombra di dubbio il culmine del disco. Dopo la magnifica “In the Shadow of a Mountain” segue “WarHellRide”, pezzo più che discreto, molto dinamico e piuttosto piacevole da sentire. Si prosegue con “Regicide” e “The Return” che, sebbene siano qualitativamente inferiori al resto dell’album, costituiscono un’accoppiata di buon livello. “Regicide” merita in particolar modo un ascolto per il suo ritmo incalzante e i riff di granito che sicuramente esalteranno l’ascoltatore. Siamo arrivati alla fine del viaggio: “We Live” stupisce ed esalta per la sua speciale alchimia. Verso metà traccia quella che era una marcia black diventa una ballata Folk, riprendendo poi il riff che aveva caratterizzato la prima metà del brano. “We Live” è il più lampante esempio dello stile dei Trollband, che alla fine è il loro asso nella manica: la commistione di diversi generi. Una miscela che in un primo tempo lascia spiazzato l’ascoltatore ma che poi, una volta assimilata, esalterà.
Per comprendere al meglio la trama di In the Shadow of a Mountain, ma soprattutto per apprezzare a fondo il lavoro svolto da questi talentuosi canadesi, sarebbe bene ascoltare le canzoni con i testi alla mano.
Certamente non tutti saranno soddisfatti. Una persona avvezza al Folk di matrice europea potrebbe rimanere disorientata, se non addirittura disgustata, di fronte ad un brano come “Fire and Ash”, che si apre con una leggera sinfonia per poi sfociare in una sferzata in stile Black. In ogni caso, nonostante la giovane età, i due canadesi dimostrano di voler fare sul serio sin da subito. Lo si nota dai testi ispirati, dalle orchestrazioni ricercate e anche dalla produzione del CD, più che discreta. Sorge una domanda per quanto riguarda il sound dei Trollband: lo incupiranno ancora di più virando definitivamente verso il Melodic Black, si avvicineranno al Folk europeo oppure manterranno l’ibrido di questo album? Si deve attendere il prossimo disco per rispondere ma, se il buon giorno si vede dal mattino, non dovremo rimanere delusi, qualunque sia la strada intrapresa dai Trollband.
Tracklist:
01- Fire and Ash
02- Nidhoggr
03- Heathen Blood
04- In the Shadow of a Mountain
05- Warhellride
06- Regicide
07- The Return
08- We Live
09- (untitled)
Discutine sul forum nel topic relativo!