Recensione: In The Vanishing Echoes Of Goodbye

Di Manuel Gregorin - 26 Gennaio 2025 - 14:58
In The Vanishing Echoes Of Goodbye
Band: Labyrinth
Etichetta: Frontiers Music Srl
Genere: Heavy  Power 
Anno: 2025
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
80

I Labyrinth, in ambito metal, sono senza dubbio fra gli ambasciatori dell’Italia all’estero. Un po’ come lo è Armani per la moda. A testimonianza di questo, potrei citare un aneddoto che mi è capitato al Waken Open Air, in Germania nel 2001. Chiacchierando con dei ragazzi tedeschi, vedendo che eravamo italiani, invece di percularci con il solito “spaghetti e mandolino”, con la loro tipica cadenza teutonica ci risposero compiaciuti, “Ja ja.. Italia… RhapZody, LabyrinDh“. Ed infatti è proprio grazie al contributo di Rhapsody e Labyrinth, assieme a Vision Divine, Lacuna Coil e Domine, che a fine anni 90 la scena metal tricolore è uscita dai confini nazionali per entrare nel giro dei nomi che contano.

Ed eccoci ora, a distanza di anni, con i Labyrinth pronti a tornare in pista, con un album nuovo di zecca. Il decimo per la precisione (oppure undicesimo contando il live Return To Live del 2018).

Questo nuovo lavoro, dal titolo In The Vanishing Echoes Of Goodbye, esce a quattro anni dal precedente Welcome To The Absurd Circus, e ne riprende in un certo senso, le tematiche. Se l’uscita precedente era stata ispirata dalla situazione causata dalla pandemia di Covid 19, il nuovo lavoro trae spunto dagli anni successivi, dove, con buona pace dello slogan “Andrà tutto bene”, le incertezze e le preoccupazioni pre pandemia invece di affievolirsi paiono essersi rigenerate. Come spiega la band nelle note di presentazione allegate a The Vanishing Echoes Of Goodbye, non solo non ne siamo usciti migliori, ma stiamo affrontando un’epoca particolarmente complicata, che con il recente revival della guerra fredda, ci ha addirittura riportato indietro agli anni 50/60 ma senza la crescita economica. Come i Labyrinth stessi ammoniscono nella opening track, “Si vis pacem, para bellum“. Se vogliamo la pace, dobbiamo prepararci alla guerra. Dal punto di vista prettamente musicale invece, la formazione toscana afferma di aver trovato una sua pace interiore, almeno a livello artistico, dichiarando di sentirsi libera da quelle barriere e quei confini, che rischiano di intrappolare un artista in un genere troppo predefinito.

Edito da Frontiers, questo nuovo nato in casa Labyrinth vede schierati gli storici Roberto Tiranti (voce), Olaf Thorsen (chitarra) e Andrea Cantarelli (chitarra), ai quali si aggiungono Nik Mazzucconi (basso), il tastierista Oleg Smirnoff ed il nuovo entrato Mattia Peruzzi (batteria). Entrambi questi ultimi attivi, seppur in periodi differenti, con i “cugini” Vision Divine.

Si inizia con Welcome Twilight, un titolo che illustra alla perfezione gli odierni periodi ombrosi di cui parlavamo poco fa. Il brano esordisce con una serie di accordi in progressione accompagnati da un assolo in tapping fino all’irruzione di un fulminante riff di chitarra. Il pezzo si rivela così uno speed power veloce sovrastato da dei minacciosi cori in latino. Sul finale, Thorsen e Smirnoff, si prendono la scena incrociando i rispettivi strumenti con dei precisi assoli.
Un riff con l’effetto di un eco in avvicinamento apre la strada alla seguente Accept The Changes, un heavy power che emana ancora sentimenti rabbiosi. La carica esplosiva viene poi interrotta nei pacati bridge che anticipano il corposo ritornello.
I Labyrinth partono mostrando subito i muscoli, senza però perdere di vista i ricercati arrangiamenti e cambi di tempo che sono da sempre presenti nelle loro composizioni.

Out Of Place è un mid tempo più rilassato e cristallino, una traccia che alterna passaggi raffinati a qualche accelerazione, fino a giungere al finale con il pezzo che sfuma sulle note di una chitarra acustica. Si riprendono velocità sostenute su At The Rainbow’s End, un power metal a rompicollo sostenuto dalla doppia cassa di Peruzzi. Rispetto all’accoppiata d’apertura però, questa traccia mostra un volto più solare con un ritornello che vede Roberto Tiranti recitare la parte del leone.

Più moderata The Right Side Of This World, che dopo la chitarra solenne in apertura si assesta su di un mid tempo che profuma di hard rock con la melodia protagonista. The Healing è una mesta e riflessiva ballata adagiata su dei suoni puliti. Nella parte centrale poi, assume un aspetto più severo con un riff di chitarra che si inserisce di prepotenza, come fosse una cupa nube che si addensa all’orizzonte. Il brano volge poi verso la fine riprendendo le quieti atmosfere iniziali.
Heading For Nowhere si apre con dei freddi suoni di sintetizzatore affiancati da un riff al limite del thrash. Il brano prende poi una direzione heavy-prog, con chitarre vorticose, cambi di tempo ed incursioni di tastiere. Su Mass Distraction, ci si avvicina ancora al power prog, mantenendo sempre una certa attenzione alla melodia. Immancabile poi un assolo dove le chitarre possono sbizzarrirsi a piacere.
To The Son I Never Had è un’altra ballad rilassante dall’aspetto pacato, che offre comunque una parte più articolata prima dell’assolo di chitarra.

Giungiamo all’ultimo brano con Inhuman Race, che dopo un inizio soft prende vigore sulle ali di un bel riff gagliardo. Le chitarre iniziano a duellare con i fraseggi dipinti dalle tastiere in un confronto che procede per due minuti e mezzo, tanto da far pensare ad una traccia strumentale. Quando poi entra la voce di Roberto Tiranti, lo fa in gran stile sfoggiando una prestazione di classe. Il vocalist genovese si lancia in una prova che va a toccare vette elevate, mentre Thorsen e Cantarelli formano un compatto muro di sbarramento. Nella seconda parte, il brano viene spezzato da un rallentamento di pianoforte accompagnato da una gracchiante voce radiofonica per poi rituffarsi nuovamente in una scorribanda di riff. Arrivati sul finale, la traccia svanisce sulle note soft con cui era iniziata.
Con The Vanishing Echoes Of Goodbye, i Labyrinth presentano un lavoro più arrabbiato rispetto ai precedenti, senza però perdere il loro portamento elegante. I brani viaggiano a cavallo tra power e prog dai suoni limpidi, con cambi di tempo, intrecci di chitarra vorticosi a cui fanno da contraltare dei passaggi armoniosi.

I Labyrinth del 2025 sanno ancora dimostrarsi una band compatta ed ispirata, e The Vanishing Echoes Of Goodbye ne è un’ulteriore conferma.

https://www.facebook.com/labyrinthitaly

Ultimi album di Labyrinth

Band: Labyrinth
Genere: Power 
Anno: 2018
80
Band: Labyrinth
Genere:
Anno: 2007
65
Band: Labyrinth
Genere:
Anno: 2005
75
Close menu