Recensione: In Their Darkened Shrines
La creatura musicale di Karl Sanders fa ritorno dopo l’ottimo “Black Seed of Vengeance” per imprigionarci nuovamente nei claustrofobici cunicoli delle catacombe sotto le sabbie egiziane, dense di storia e mistero. Torna a narrarci le vicende di un popolo antichissimo ma che ancora affascina per le opere monumentali che è stato in grado di erigere migliaia di anni fa, testimonianza vivente della propria importanza nel tempo. Per questa avventura i Nile hanno una line-up rivoluzionata per il 50 % : dentro John Vesano e Tony Laureno, il secondo formidabile drummer ultra tecnico e veloce che non mancherà di stupire gran parte dei fan del gruppo. Le composizioni si fanno altamente evocative con parti maestose ed oscure, alternate ad un death brutalissimo ed innovativo; un song-writing che raggiunge livelli sconvolgenti e la grande tecnica strumentale del gruppo Statunitense sono alla base della piena riuscita di quest’album. Le canzoni sono travolgenti e trascinanti, alcune di lunghezza considerevole e con arrangiamenti attentamente studiati.
Basti pensare alla quinta traccia “Unas slayer of the gods” autentico inno a questo faraone, l’ultimo della quinta dinastia, che pare praticasse il cannibalismo. Con una durata che sfiora i 12 minuti per una sola canzone; una sfuriata in cui i piatti di Laureano dettano i tempi sincopati di questo pezzo, che alterna passaggi ultra pressanti ad altri più marcatamente rallentati. Il riffing d’assalto del duo chitarristico è tecnicamente ineccepibile, sia nelle parti più violente sia in quelle in cui la melodia pare trovare più spazio. Altra canzone fantastica è la successiva “Churning the Maelstrom” che abbandona arpeggi egiziani e si rifà unicamente al death metal più brutale e tipicamente Americano di sempre. Ottime accelerazioni, tempi mutevoli e chitarre che si rincorrono velocissime.
Ma il pezzo forte di “In Their Darkened Shrines” deve ancora venire: la title-track a sua volta divisa in quattro canzoni è in assoluto un capolavoro a parte, al di fuori dell’album stesso. La maestosità del primo dei quattro movimenti che compongono la traccia conclusiva, riesce ad evocare atmosfere maestose ed al contempo oscure, spezzate dalla potenza della successiva “Invocation To Seditious Heresy” con un cantato particolarmente veloce ed aggressivo, le chitarre tessono trame abrasive e perfettamente incastonate tra loro. I primi secondi di “Destruction Of The Temple Of The Enemies Of Ra” lasciano a bocca aperta: Laureano non contento dei macelli già combinati durante tutto l’album parte con una nuova scarica, abilmente inserita in un momento pacato e soffuso per stordire l’ascoltatore. “Ruins” con le sue avvolgenti melodie va a chiudere un album che in un ora di musica non trova mai un calo, mai una esitazione.
Per tutti coloro che lamentano la morte ormai evidente del Death Metal: da qui si riparte, vediamo quanta gente ha le palle per seguire i Nile….
Francesco “madcap” Vitale
1. The Blessed Dead
2. Execration Text
3. Sarcophagus
4. Kheftiu Asar Butchiu
5. Unas Slayer Of The Gods
6. Churning The Melstrom
7. I Whisper In The Ear Of The Dead
8. Wind Of Horus
In Their Darkened Shrines
9. Hall Of Saurian Entombment
10.Invocation To Seditious Heresy
11.Destruction Of The Temple Of The Enemies Of Ra
12.Ruins