Recensione: In This Life

Di Mauro Gelsomini - 20 Aprile 2007 - 0:00
In This Life
Band: Stan Bush
Etichetta:
Genere:
Anno: 2007
Nazione:
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78

Sempreverde Stan Bush.
L’aggettivo calza a pennello addosso all’artista americano, che con il suo decimo studio album ci regala l’ennesima gemma di una discografia che negli anni non ha conosciuto – o quasi – cali qualitativi.

Fin dal 2001, con “Language Of The Heart”, il nostro si dedica a composizioni in cui diviene fondamentale l’introspezione lirica, anche se l’intimismo dei contenuti non si riflette necessariamente in un “ammorbidimento” strumentale, negli arrangiamenti, nelle melodie e in generale d’atmosfera. Rimane infatti prerogativa della musica di Bush, costantemente fin dall’esordio omonimo (1983) e ancora con i Barrage (1987), quell’impatto frontale tutto refrain-oriented tipico dell’AOR e del melodic rock west coast, con Jefferson Starship e Rick Springfield a fare da punti di riferimento, senza denigrare inflessioni più soft à la Foreigner e Bad English.

In realtà l’approccio dei brani all’orecchiabilità è aumentato rispetto al precedente “Shine” (2004), e i brani inclusi in questo “In This Life” scintillano strizzando l’occhiolino agli esordi del già citato Stan Bush & Barrage, e all’AOR tutto floridiano di “Dial 818-888-8638” (1993), dischi che più degli altri privilegiano gli up-tempo infarciti di tastiere ottantiane, come dimostra il duo d’apertura “I’ll Never Fall” e “I Got A Thing For You”, che superano le loro “antenate” grazie ad una produzione spettacolare, curate dall’esperto Holger Fath, che contribuisce anche al songwriting insieme a Stan e Curt Cuomo (Kiss). “I Can’t Cry” fa il paio con “Missing You” di John Waite, per un intermezzo più pacato, mentre si riprende a cantare in spensieratezza sui refrain di “This Moment” e “Waiting For You”, quest’ultimo davvero riuscito se non fosse per un bridge, che non apre a sufficienza e lascia troppo stacco tra strofa e chorus.
Piccolo calo di tensione con “The First Time”, ballad un po’ ripetitiva, e con la successiva “Long, Long Way”, che per un attimo mi hanno fatto temere un finale di album in caduta libera, come troppo spesso era capitato con diverse recenti uscite in campo hard melodico. A fugare ogni ombra di dubbio ci pensano “Over You”, dal riffing accattivante e uno Stan grandissimo sul ritornello, e “Take It All The Way”, forse una delle migliori del lotto insieme alla opener, una bomba AORologeria – mi permetterete il gioco – perfettamente congegnata, e seguita da tutta l’esperienza di Bush nella title-track, “In This Life”, che ripropone ogni tema sin qui trattato, melodia, introspezione, ruffianaggine, e un’immensa classe.
Il disco si chiude con una raffinatissima ballad, “Southern Rain”, obbligato suggello di una prova davvero encomiabile, che non lascerà scampo ai più romantici…

In chiusura, non posso far altro che consigliare questo album a tutti i nostalgici di Stan Bush, nonché agli amanti dell’AOR più intimo, quello, per intenderci, dei grandi dischi solisti (Richard Marx, John Waite, Jimmy Barnes, Robin Beck, Brett walker, Chris Eaton, Mark Spiro, Michael Bolton, e così via…)

Tracklist:

  1. I’ll Never Fall
  2. I Got A Thing For You
  3. I Can’t Cry
  4. In This Moment
  5. Waiting For You
  6. The First Time
  7. Long, Long Way
  8. Over You
  9. Take It All The Way
  10. In This Life
  11. Southern Rain

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