Recensione: In To The Mirror Black
In To The Mirror Black è un disco che con un po di fortuna avrebbe potuto proiettare i Sanctuary ai vertici del metal mondiale, un disco a mio parere stupendo che definire semplicemente heavy metal risulterebbe riduttivo nei confronti di una ricerca sonora che pur inquadrabile nel suono classico del metal contiene un’infinità di sfumature che lo rendono difficilmente etichettabile.
Reduci dal buon Refuge Danied partorito sotto l’ala protettrice di Dave Mustaine e supportati del colosso Epic ( forse il motivo del mancato successo!, una lebel più piccola ma seriamente motivata con una buona promozione avrebbe sicuramente giovato all’esplosione commerciale dei nostri eroi) i Sanctuary timbrarono il loro secondo cartellino non lasciando nulla al caso. Partendo dalla bellissima copertina fino ad arrivare ad una produzione esemplare che conferisce al disco un suono cristallino ma allo stesso tempo potente e tagliente, posso tranquillamente affermare di trovarmi di fronte uno dei dischi più sfortunati che il metal abbia mai partorito.
Il punto di forza di questo lavoro risiede soprattutto nella varietà di arrangiamenti disseminati lungo queste 9 tracce non che nella ricerca di soluzioni sonore sicuramente non digeribili ad un primo ascolto ma indubbiamente affascinanti nel loro non essere commerciali e distaccandosi dai luoghi comuni che in alcuni casi il nostro genere impone, arricchendo gli schemi classici del metal con venature thrash, che comunque non sfociano mai in un eccessivo indurimento dal sound. Il clima generale del disco è oscuro ed opprimente, privo di melodie facilmente memorizzabili ma allo stesso tempo appetibili per via di un’interpretazione vocale di Mr. Warrel Dane sicuramente tra le migliori della sua carriera caratteristica che viene sicuramente amplificata dai molti cambi di tempo e di atmosfera che la sezione strumentale dissemina in questo gioiello sottovalutato.
Il lato A è aperto dal tellurica Future Tense caratterizzata da un bellissimo riff a dir poco metallico a cavallo tra il metal classico ed il thrash e da linee vocali da incorniciare, ottima canzone di apertura che a fine ascolto risulterà la più semplice dal punto di vista dell’arrangiamento non che quella più melodica.
Un riffing Heavy/ Thrash, tagliente e nervoso, paragonabile e certe soluzioni sentite sull’esordio degli Annihilator apre Teste Revenge sicuramente tra gli episodi più riusciti dell’intero disco. Diverse sfumature chitarristiche rendono il brano avvincente in ogni suo frammento con un Dane da incorniciare all’altezza del chorus.
Long Since Dark ci trasmette l’anima più dark dei Sanctuary abilissimi nel ricreare atmosfere oscure senza necessariamente ricorrere a tappeti tastieristici ingombranti. L’inizio insolito viene riportato immediatamente su territori metallici dall’arrivo di riff che definirei heavy/thrash/dark. Bellissima l’accelerazione che innesca l’assolo. Il primo lato è chiuso dalla lugubre atmosfera di Epitaph altra gemma d’acciaio che la nuova incarnazione Nevermore non è mai riuscita a ricreare. Agghiacciante la parte iniziale caratterizzata solo dalla presenza di chitarra e voce con un Dare dall’interpretazione luciferina mentre un crescendo strumentale esplode con l’arrivo della classica rasoiate delle asce che precedono l’arrivo di uno splendido ritornello a testimonianza che si può essere melodici senza risultare pacchiani ed allegri. Eden Lies Obscured è sicuramente la mia preferita non che quella caratterizzata da una geniale alchimia heavy/dark dove l’influenza delle radici classiche del metal e ben in evidenza logicamente rivitalizzante in chiave Sanctuary. Da segnalare senza ombra di dubbio la prestazione vocale che in alcuni frangenti sembra provenire da mondi Lovekraftiani. The Mirror Black è una sorta di tetra power ballad contenente diverse parti elettriche che si metallizzano nella parte finale dal brano. Si torna prepotentemente a parlare di acciaio rovente con la splendida Season Of Destruction anch’essa giocata su diverse partiture strumentali ed impreziosita da uno splendido ritornello preceduto da un agghiacciante pre-chorus. Faticherete a tener ferma la testa ascoltando il riff portante di quest’ennesima perla. One More Morder continua l’opera di rinverdimento degli schemi classici del metal e lo fa attraverso un’ottimo lavoro delle due asce sempre in bilico tra Heavy Metal e partiture più thrashy. Il compito di chiudere questo splendido lavoro è affidato al mid tempo di Communion splendido cadenzato anch’esso giocato su atmosfere tutt’altro che allegre.
A distanza di oltre 20 anni dalla sua uscita In To Mirror Black ha ancora un qualcosa di innovativo che lo fa emergere dalla massa, una freschezza compositiva attribuibile solo ai pilastri del metal mondiale, un disco forse uscito in un periodo storico difficile per alcune sonorità è che ha minato seriamente l’esplosione di questo bomba metallica che ancora oggi non teme confronti. Il classico disco che non può non piacere a chi ama l’Heavy Metal di qualità.