Recensione: Inferno

Di Alessandro Rinaldi - 27 Maggio 2024 - 0:23
Inferno
Band: Myronath
Etichetta: Dusktone
Genere: Black 
Anno: 2024
Nazione:
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75

I Myronath sono una band black metal svedese formatasi nel 2019, con alle spalle due album: Into the Qliphoth del 2019 e Djevelkraft del 2021. I nostri fanno un black metal che affonda le radici nell’occulto e nell’esaltazione della morte e. dopo tre anni di silenzio, rieccoli con una nuova fatica: Inferno.

L’artwork è un chiaro riferimento all’opera di Dante: riproduce, infatti, una selva oscura, in cui primeggiano due alberi, formati da cadaveri decomposti – che probabilmente simboleggiano le anime dei dannati – ossa e vermi; insomma, l’esaltazione dell’aspetto fisico della Morte.

“Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura” – queste sono le tetre parole che introducono La Selva Oscura, aspra e cattiva, di forte richiamo Marduk, così come In Lust Entwined,  dalla forte e coinvolgente base ritmica, con brusche accelerate. Si prosegue con Purity Through Indulgence, elegantemente naif con sonorità più “norvegesi”, aggressive. The Voracious Sphere inizia con un lugubre rintocco di campane e poche parole recitate sopra: ben presto le chitarre graffianti prendono il sopravvento, con un mood davvero cattivo, che prosegue anche in Ire Towers. The Flaming Tombs Of Heresy lascia più spazio al lato sperimentale e armonico dei nostri, lasciando intuire le capacità estetiche della band: di grande impatto le spoken words a metà canzone, a cui fa seguito un notevole fraseggio di chitarra. Con The Three Rings Of Fury le atmosfere si fanno più cupe, mentre Unmasking The Demiurge alza nuovamente i ritmi di Inferno; chiude Apotheosis il brano più complesso del disco, con una struttura granitica, che lascia spazio all’armonia e alla ricerca della melodia musicale, in perfetto stile svedese, condito da una oscura epicità che raggiunge il suo apice proprio nella parte conclusiva.

Nove canzoni per una durata complessiva di poco meno di 42 minuti di puro black metal svedese che ricorda molto lo stile dei Marduk: violento, massiccio, compatto e granitico, senza impedire al lato melodico di palesarsi e di impreziosire quanto proposto; notevole la sezione ritmica, particolarmente coinvolgente e azzeccata, in grado di dare una piacevole freschezza ai brani che compongono il disco.

Inferno ha un notevole pregio, quello di offrirci della musica compatta e scorrevole senza grandi stravolgimenti nella sua progressione, con delle atmosfere sulfuree e anticristiane che riescono a catturare l’attenzione dell’ascoltatore.

Un disco che merita più di un ascolto.

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