Recensione: Influence Denied
Tornano i Tedeschi Eradicator con il loro quinto album: ‘Influence Denied’, disponibile dal 23 luglio 2021 via Metalville.
Formazione stabile dal 2009, anno del debutto discografico con ‘The Atomic Blast’, il quartetto di Lennestadt sa bene cos’è il Thrash Metal e lo spara fuori a tutto volume combinando sfuriate assassine con refrain coinvolgenti e begli assoli carichi di intrigante melodia.
Sicuramente la band suona molto bene e dimostra parecchia coesione, ma … ‘Influence Denied’ soffre del problema comune a tanti lavori analoghi: discreto, ma di album così ne abbiamo ascoltati veramente tanti e, per quanto i nostri cerchino soluzioni personali che tendano a distinguerli, rischia, purtroppo, di finire tra i molti che vengono ricordati solo quando si mette in ordine la propria raccolta.
C’è poca varietà tra un brano e l’altro: ‘Influence Denied’ è sì una furiosa corsa senza freni, ma fatta in pianura. Non si può parlare di vera piattezza, di dinamica ce n’è a iosa, sono però poche quelle ondulazioni nel pentagramma che tengono alto l’interesse, che, dopo un po’, tende pericolosamente a calare.
L’album parte benissimo, ‘Driven Illusion’ è un ottimo brano, veloce, con un refrain trascinante ed un interludio guidato da un melodico pianoforte il cui contrasto con la ferocia spezza le reni.
Si crea aspettativa, però poi, da ‘Hate Preach’ fino a ‘Hypocrite’ (ben sette pezzi su dieci), il lavoro, pur restando discreto (con l’eccezione di ‘Mondays For Murder’ che proprio non prende), si attesta su spartiti che seguono tutti la stessa linea: c’è quello un po’ più veloce, quello molto veloce, quello pestato … ma il percorso sonoro è quello, senza stacchi od elementi di risalto.
Inoltre, il lavoro strumentale rimane in parte soffocato dal modo di cantare, alto, potente ed irruente ma con pochissime variazioni (tra l’altro, quando ‘Seba’ smorza un po’ la prepotenza ottiene un ottimo risultato, come si sente in ‘Hypocrite’).
Con il penultimo pezzo, ‘Descent Into Darkness’, finalmente gli Eradicator escono dai loro schemi: un bel tempo medio scuro, granitico ed energico. A parere di chi scrive il secondo miglior pezzo dell’album, soprattutto è quel brano che dimostra che la band sa fare molto di più.
Chiude ‘Anthropocene’, ennesimo sfuriatone.
Concludendo, i lavori malfatti sono altri, ma da un gruppo di tale esperienza ci si può aspettare di più. Per ora, sufficienza più che raggiunta, ma questo non ci basta.
L’album è stato prodotto in collaborazione con Sebastian “Seeb” Levermann degli Orden Ogan (Asphyx, Brainstorm, Rhapsody of Fire e molti altri), che si è occupato anche del missaggio e del mastering. La copertina è stata illustrata da Mario Lopez.