Recensione: Ink Compatible
Alcuni dischi sono semplicemente non definibili come genere. Uno strenuo difensore dell’ etichetta può sforzarsi fino all’ estremo, con piglio più da naturalista che da musicista, nel cercare di classificare quello che gli giunge all’orecchio, ma alla fine deve arrendersi di fronte a lavori come questi che sfuggono qualsiasi tentativo di definizione, o meglio non ne vengono risolti. Nell’ intestazione a capo io ho inserito la dicitura prog, ma mi sento di dire che questa è quantomeno riduttiva. E’ molto difficile far capire di quale genere di musica io stia parlando. Sarebbe tutto molto più facile se queste mie parole fossero accompagnate dall’ incredibile musica generata da questo disco, per chi avesse la pazienza di ascoltarla. Per cercare di rendere più facili le cose inizierei con lo spiegare chi sono gli Spastic Ink. Il gruppo è un trio formato da Ron Jarzombek, ex-chitarrista dei Watchtower, probabilmente il gruppo dei primi veri pionieri del prog-metal, anche se ancora con innegabili venature thrash. Dico ex perché i Watchtower dopo l’ ottimo “Control & Resistance”, disco in cui suonava appunto Jarzombek, pur avendo registrato del nuovo materiale non hanno ancora potuto inciderlo perché a corto di fondi. E così nel frattempo sono passati più di 10 anni dall’ ultimo platter. Sicuramente dopo aver ascoltato quest’ opera degli Spastic Ink penso che qualche produttore dovrebbe avere più coraggio nel fare il proprio lavoro, ma questo è un’ altro discorso. Andiamo avanti. Ad accompagnare l’ incredibile Jarzombek troviamo il fratello Bobby alla batteria e Pete Perez al basso, già turnisti di lusso con diversi gruppi della scena metal (Riot, Halford, etc.). Il gruppo aveva già al suo attivo un precedente album dal titolo “Ink Complete”, datato 1996, tutto completamente strumentale, altrettanto bello ma con un tono differente. “Ink Compatible” infatti presenta performance vocali effettuate da Jason McMaster, compagno di Jarzombek nei Watchtower, in 5 tracce e uno special guest di Daniel Gildenlow che presta la sua voce nella splendida Melissa’ s Friend. Gli altri 3 pezzi rimanenti sono degli strumentali. La voce si snoda su buone linee vocali che regalano all’ album quella sfumatura progressive, a cui accennavo all’ inizio, e quel tocco di melodia che mancava al lavoro precedente, quasi completamente atonale. Mi sento di dire che la performance di McMaster è probabilmente la cosa più deprecabile dell’ intero platter. Il singer ha una voce tagliente e affilata, ma piatta. Gli ospiti d’ eccezione dell’ album non sono certo limitati ai cantanti: c’è Michael Manring che esegue un eccellente solo col fretless bass su Words For Nerds, Jens Johansson che presta le sue dita nei soli tastieristici del pezzo di apertura Aquanet e del brano Multi-Masking, Sean Malone che suona il basso nella traccia In Memory Of…, ed infine Marty Friedman che duella con Jarzombek in A Chaotic Realization Of Nothing Yet Misunderstood.
La realizzazione caotica di un nulla ancora incompreso: questo potrebbe sembrare ai primi ascolti il lavoro degli Spastic Ink. I solos di chitarra di Jarzombek, specialmente in quest’ ultimo brano ma un po’ in tutto l’ album, sono pieni di sonorità molto aperte, create da larghi intervalli e arpeggi pieni di estensioni. Il suono della chitarra è molto corposo, forse un pochino freddo, ma questo era sicuramente nelle intenzioni dell’ esecutore. I fraseggi spesso sono pieni di cromatismi, che vengono però sempre inseriti in maniera intelligente e mai banale, seguendo il vecchio adagio per cui la riuscita di una frase nella musica strumentale non dipende solo dalla scelta delle note, ma dalla maniera in cui la frase stessa è inserita nel contesto circostante. Certo Jarzombek lascia poco spazio all’ improvvisazione, la costruzione dei fraseggi è rigida e meccanica, ed in questo senso mi trovo d’accordo con la definizione che lui stesso ha dato di questo genere di musica, quello di maths-metal. Certamente la struttura delle singole battute è molto cerebrale.
Ora quante volte di fronte ad un tipo di musica come quella suonata in quest’ album ho udito definizioni come vuoto, freddo, tendente all’ auto-compiacimento, o peggio senza senso? Ogni qualvolta che c’è qualcosa che sfugge ai normali confini di una via già tracciata, soprattutto se nel senso dell’ ipertecnicismo, questa viene immediatamente tacciata degli aggettivi sopra citati. Fermi. Un momento. Ho assistito per molto tempo, credo troppo, all’ imperversare di un genere, il cosiddetto grunge, in cui c’erano musicisti, o presunti tali, che sapevano a malapena suonare. Ora è il momento del nu-metal. Benissimo. Questo mio scritto non vuole essere una critica a quello che il mainstream ci propina, bensì si tratta di una recensione di un lavoro che apre nuove vie in senso esattamente opposto. Come quegli stili mantengono se vogliamo una certa ragion d’ essere agli occhi della critica, così allora va dato il massimo rispetto a questo tipo di musica. Non importa chi lo seguirà. Forse solo quei pochi che saranno in grado di digerire le intricatissime progressioni ritmiche ed armoniche che Jarzombek sciorina lungo tutto l’album, chi ne apprezzerà gli stacchi e le pause magistralmente inserite, chi ne comprenderà il modo di costruire i singoli pezzi. In questo disco c’è tutta la grandezza di chi riesce ad esprimersi in musica in modo assolutamente controcorrente. Riconosciamogli la giusta dignità e non tacitiamolo con giudizi, quelli sì, piuttosto senza senso.
Tracklist:
- AcquaNet (8:10)
- Just A Little Bit (4:45)
- Words For Nerds (5:20)
- Melissa’ s Friend (6:55)
- Read Me (5:00)
- Multi-Masking (8:15)
- In Memory Of… (6:30)
- A Chaotic Realization Of Nothing Yet Misunderstood (11:55)
- The Cereal Mouse (1:30)