Recensione: Inner Force
Eccoci di fronte all’ennesimo parto della fertile scena underground del Bel Paese.
Gli Hell Baron’s Wrath, provenienti da Ravenna e legati dal 2008 alla britannica UK Division Records, propongono un Black Metal melodico di matrice piuttosto canonica, ma aperto ad inserti vocali femminili e ad atmosferici corredi acustici.
La band è composta principalmente da un duo: Ale (Vocals, Synth) e Baal (Chitarre, Basso, Programming, Synth); ad accompagnarli nella loro avventura sonora troviamo inoltre Lho (Programming, Backing Vocals, Basso) ed Andrea (Batteria) in veste di session musicians ed una guest vocalist, Naima.
Dal punto di vista musicale i ragazzi mostrano sin da subito una tendenza spiccata e naturale alla sperimentazione sonora, tuttavia, nonostante le buone doti tecniche e compositive possedute singolarmente, l’amalgama fra di esse non riesce a convincere ed a coinvolgere fino in fondo, neanche in seguito a ripetuti ascolti.
La produzione, mirata ad evidenziare solo determinati aspetti del sound, non è in grado di valorizzare appieno la globalità della proposta, inoltre l’impatto della parte ritmica, caratterizzato dall’uso della drum machine, è spesso limitato da una freddezza espressiva ed una bassa dinamicità di fondo.
Tuttavia, a vantaggio della band, le doti e le idee non mancano e, tramite profondi stacchi atmosferici, un growl avvincente ed una particolare voce femminile, le composizioni riescono a godere comunque di discreta profondità.
Da un punto di vista generale le tracce di Inner Force presentano caratteristiche piuttosto variegate, spaziando tra momenti dal sapore pseudo sinfonico fino a digressioni acustico-depressive, punto di maggior forza della band.
L’apertura è affidata degnamente ad un’orecchiabile intro pianistica, semplice ma coinvolgente, dove la voce di Ale fa il suo ingresso anzitempo, introducendo l’album per mezzo di un buon growl, comprensibile e timbricamente singolare. A seguire troviamo la prima traccia effettiva, “Haunting Roots”, che risulta discretamente apprezzabile grazie a scelte prudenti (fin troppo, al confine con trite) ma di buon gusto musicale e ad un’orecchiabilità basilare che non guasta mai.
I nostri dimostrano di conoscere la materia e dalla terza traccia, “Anguish”, la struttura inizia a farsi più interessante, tra attacchi violenti (caratterizzati però da una sensazione di déjà vu che rimane costante) e contrastanti break depressivi.
Procedendo con l’ascolto dell’album, l’aspetto che emerge più limpidamente è la tendenza ad accostare parti decisamente banali, noiose e poco impegnate (per lo più caratterizzate da ripetitive serie di bicordi di appoggio), ad inserti maggiormente originali e progressivi, lato su cui la band, secondo il modesto parere del sottoscritto, dovrebbe puntare maggiormente.
La classe del combo ravennate, infatti, emerge nei momenti più lenti e dilatati, luogo in cui la sperimentazione ed i sentimenti trovano maggior respiro. Tracce come “Missing Angel” e “Mars”, dove le parti progressive ed acustiche vengono maggiormente sviluppate, altro non fanno che supportare la succitata tesi, risultando brani di buona caratura, in grado di destare l’attenzione l’ascoltatore .
Da notare come gli episodi migliori e più originali dal punto di vista della aggressione sonora, siano stati relegati in fondo al disco. Nei due brani finali (esclusion fatta per l’outro), “Sacred Blood” e “Grudge In My Veins”, infatti, il rifferama si fà più elaborato, riuscendo finalmente a dare una botta di vita a questo Inner Force.
Tirando le somme, i ragazzi fanno il loro dovere senza pretese eccessive, dando alla luce un disco che sicuramente non lascerà il segno nel panorama underground nazionale, ma che può rappresentare una buon punto di partenza verso qualcosa di più personale e coinvolgente.
Nonostante la costante presenza di soluzioni già sentite, sia da punto di vista vocale che chitarristico, la classe dimostrata in più di un episodio risulta buona. Ragion per cui credo che, trattandosi di una band giovane, sia più che lecito aspettarsi una netto miglioramento.
Restiamo quindi in attesa di prossimo materiale.
Alessandro Cuoghi
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TRACKLIST:
01. Gathering of the Arch-Vile
02. Haunting Roots
03. My Anguish
04. Sad Show
05. The End of Thoughts
06. Paranoid Regrets
07. Missing Angel
08. Mars
09. Sacred Blood
10. Grudge in my Veins
11. Inner Force Abuse