Recensione: Innocence
Il progetto Veins nasce in Italia nel 2014 ed approda a questo primo capitolo discografico. I ragazzi ci regalano un sound estremo che mostra un’istrionica attitudine. La base da cui gli artisti partono è un thrash death metal assai tecnico e veloce. Ad essere particolarmente in risalto è la ritmica, messa in evidenza da una produzione che non gonfia le chitarre, dimostrando di essere variegata e decisamente ingegnosa nei suoi vari cambi.
“Innocence” è un full-length poliedrico, in cui poi fioriscono citazioni a molti altri filoni. Parliamo di nu-metal, progressive, groove e di crescendo che sono decisamente epici. Acustiche armonie che nell’omonima traccia dell’album fanno da trampolino per l’esplosione vulcanica di ‘Take my Hand’.
Morte e old school in un contesto di suoni che sebbene scarno ci affascina, poiché scevro di quegli artefatti di produzione tesi a gonfiare note vuote di contenuti. Non è il caso dei Veins, che ci deliziano con dieci pezzi che si differenziano molto l’uno dall’altro.
Dovendo trovare un neo al progetto, forse potremmo citarvi il comparto vocale, che si mostra acerbo, anche se ne apprezziamo la genuinità che ben si allinea con lo spirito della band. ‘Part I’ ci dà subito di primo impatto l’idea che il thrash groove possa essere padrone del disco, ma è solo una delle tante sfumature di full-length che vi lascerà senza fiato per personalità e capacità di reinventarsi via via in uno sfondo che resta sempre estremo. Un quadro tra luci ed e ombre in cui la dinamicità e il soffio continuo del vento ci investe, inesorabilmente. C’è un non so che di teatrale, un’atmosfera horrorifica ed heavy che aleggia, un fantasma che poi si materializza in ‘Part II’ ad esempio.
Spiriti dalle tenebre che ci ricordano King Diamond, ma che si spostano poi via via su più estremi lidi. Complimenti ragazzi, avanti così, perché i numeri ci sono ed anche la passione.
Stefano “Thiess” Santamaria