Recensione: Inquisition

Di Roberto Castellucci - 23 Ottobre 2021 - 7:00
Inquisition
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Proporre novità in campo Death Metal è un’impresa impegnativa: dopo le più o meno recenti evoluzioni brutal / technical / slam e chi più ne ha più ne metta è raro trovare gruppi che, con coraggio ed inventiva, riescano ad avvicinarsi al genere in modo originale e contemporaneamente rispettoso della tradizione. I Muertissima, combo proveniente dai dintorni di Parigi, tentano audacemente di dire qualcosa di nuovo in un genere musicale inflazionatissimo; i quattro ragazzi (ragazzi con qualche filo bianco nei capelli e nella barba, a dire il vero…) giungono nel 2021 al traguardo del primo album, presentandoci un disco che fa della varietà stilistica uno dei suoi maggiori punti di forza…e contemporaneamente di parziale debolezza. “Inquisition”, questo il nome del disco di debutto dei Muertissima, a un primo ascolto mantiene gli artigli ben piantati in una solida base Death Metal: l’album, pesante e roccioso, riesce inoltre a reggersi in piedi senza indulgere troppo nelle consuete sfuriate parossistiche tipiche del genere. Tuttavia, scorrendo il platter con più attenzione, ci si accorge che il quartetto non ha nessuna intenzione di limitarsi a rispolverare le sonorità già esplorate da Cancer, Obituary, Immolation e simili. Sparsi nel disco troviamo infatti cori totalmente inattesi in un album Death, suggestioni Heavy, assoli di chitarra lunghi e intensi, echi Doom e addirittura influenze che sembrano arrivare tanto dai Meshuggah quanto dall’ambiente groove/post Thrash. In modo particolare si percepiscono espliciti richiami al Black Metal, non solo nel titolo dell’album o nelle tematiche trattate: si considerino in tal senso le fiamme infernali illustrate sulla copertina del disco, il cantato in growl che spesso sale verso un diabolico scream, e soprattutto le martellanti parti di batteria in blast beat, dal sapore molto Underground, che non hanno nulla da invidiare a certe produzioni Black Metal orgogliosamente lo-fi. Soffermarmi sull’artwork mi ha oltretutto condotto ad una riflessione: l’incendio demoniaco che sulla copertina del disco consuma una cattedrale, a prima vista, sembra dirla lunga a chi, come il sottoscritto, ha vissuto in prima persona l’ascesa della cosiddetta Seconda Ondata del Black Metal nella prima metà degli anni ’90, un periodo storico funestato dalle efferatezze compiute da alcuni membri del tristemente noto Inner Circle norvegese…eppure le caratteristiche parodistiche dell’illustrazione stonano con i ricordi provenienti dalla mia beata gioventù metallara. Il demone che fa capolino tra le fiamme sembra essere stato disegnato copiando il teschio bovino simbolo del Wacken Open Air, mentre le figure clericali ritratte intorno al rogo sono tratteggiate con uno stile così caricaturale da far nascere per lo meno qualche perplessità. Che dire poi del monicker, palesemente ‘spagnoleggiante’ e oltretutto provocatoriamente scritto con una ‘S’ in più? Il superlativo di ‘muerta’ dovrebbe essere ‘muertísima’, anche ammettendo che questa parola esista. Nasce a questo punto un sospetto legittimo: ci troviamo forse di fronte a un quartetto di buontemponi? Attanagliato dai sospetti mi sono gettato nel mare del web, determinato a trovare elementi in grado di dare credito a questa mia teoria. Non ho dovuto fare troppa fatica: mi sono subito imbattuto nel videoclip di “Cerveza”, terza traccia di “Inquisition” corredata di un testo interamente scritto in Spagnolo.

Pur essendo parigini, i Muertissima dimostrano di non condividere il campanilismo pro-Francia che la tradizione italiana affibbia ai cugini d’Oltralpe…per i pochi che non lo sapessero, la parola spagnola ‘cerveza’ si traduce in Italiano con ‘birra’ ed è stata scelta dai Muertissima per battezzare una canzone lontana dalle tipiche composizioni Death Metal. Si tratta di una cavalcata molto groovy il cui videoclip narra la storia di un annoiato gruppo di amici, vestiti come dei novelli Apostoli, mortalmente stufi di star seduti intorno ad una tavola piena di bottiglie e bicchieri pieni di acqua. L’arrivo di un barbuto Messia dai lunghi capelli scuote i commensali dal loro torpore, ma manca ancora qualcosa…il nuovo arrivato prende una caraffa e ne versa il contenuto in un bicchiere: meraviglia delle meraviglie, l’acqua si è trasformata in Birra! Inutile dirlo, la festa può finalmente iniziare, almeno fino alla comparsa di un sinistro individuo in giacca e cravatta che fa firmare un misterioso patto a uno dei presenti: la Sacra Birra subisce a questo punto un’altra trasformazione, diventando rossa come il sangue e pertanto imbevibile. Se già il videoclip smaschera le intenzioni goliardiche del gruppo, un’ulteriore conferma giunge dalla sagoma del basso utilizzato dal cantante/bassista Simon Perrin. Le immagini del beer party difatti vengono talvolta interrotte da inquadrature che riprendono i quattro Muertissima intenti a suonare, ed è impossibile non notare l’inconsueta forma del basso…inconsueta se non ci si chiama Gene Simmons, in realtà. Lo strumento di Perrin non è altro se non la riproduzione dell’iconico strumento disegnato e regolarmente usato dal frontman dei KISS: un’ascia da battaglia, con buona pace di chi ha sempre pensato che gli “addetti alle asce” in una band fossero i chitarristi…insomma, i Muertissima si divertono molto, scherzano parecchio e vogliono che si divertano anche i loro ascoltatori. Basterebbe questa caratteristica a rendermeli graditi, ma professionalmente sono costretto anche a valutare altri aspetti.

La proposta dei Muertissima è indubbiamente originale ed è impreziosita da quel pizzico di ironia che aiuta tanto la band quanto i suoi futuri fans a non prendersi troppo sul serio, come ci viene dimostrato da brani come il già citato “Cerveza”, dedicato alla bevanda preferita da ogni metallaro che si rispetti, o “Glory to Loki”, che con questo facile riferimento alla mitologia norrena sembra voler scherzare sulle ‘tematiche vichinghe’ sempre più diffuse negli ultimi anni. Musicalmente parlando, però, capita talvolta di perdere l’orientamento a causa della grande varietà stilistica dei brani. Come accennavo già in precedenza, il Death Metal dei Muertissima si concede numerose incursioni in territori inaspettati: i francesi scivolano talvolta verso lidi sperimentali, quasi al limite del Prog, mentre i frequenti assoli di chitarra arricchiscono tappeti sonori che sembrano addirittura guardare all’Hard Rock: ne sono esempio il primo brano, dall’ahimè attualissimo titolo “Lockdown”, e il quinto “Godslayer”. Intendiamoci bene: non si tratta di ammirare la monotonia a discapito di una sana pluralità di idee e influenze, ma la varietà nella composizione dei brani rischia di rendere l’esperienza di ascolto meno godibile di quanto avrebbe potuto essere se si fosse cercata una maggior coesione tra le tracce. Si sente insomma la mancanza di un filo conduttore, con brani a volte così diversi tra loro da rendere faticoso l’ascolto del disco dall’inizio alla fine. Permettetemi a questo punto una considerazione da ‘dinosauro analogico’, o se preferite da “Analog Man”, come dicevano gli Accept nell’albumThe Rise Of Chaos”. “Inquisition” è un prodotto che va assimilato con calma e a piccole dosi: sarebbe meglio evitare di ascoltarne i brani con il tipico atteggiamento bulimico nato negli ultimi anni, sciaguratamente generato dall’estrema facilità con cui è possibile reperire in rete qualsiasi tipo di musica. Saltare a piè pari metà dei brani del disco e ascoltare velocemente l’altra metà, abitudine che i contemporanei servizi di streaming sembrano favorire, non renderebbe giustizia all’impegno profuso dai Muertissima nel cercare di portare alle nostre orecchie qualcosa di inusuale.

Oltre alle innovative scelte fatte nella composizione dei brani, va inoltre riconosciuta la bontà del lavoro svolto in fase di produzione, ricca di sonorità apparentemente ‘poco pulite’, molto personali e capaci di giovare enormemente all’economia del disco. Il muro di suono generato dai quattro francesi, tra poderosi assalti sonori e accattivanti assoli di chitarra, risulta compatto e minaccioso quel tanto che basta per garantire un’esperienza di ascolto sufficientemente appagante. In definitiva, i Muertissima tentano di stupire continuamente gli ascoltatori con le loro soluzioni originali e fuori dal comune, mettendo in mostra un’audacia rara. Il percorso intrapreso dai quattro deathsters è sicuramente rischioso, ma le condizioni per un’evoluzione positiva del loro sound ci sono tutte…e ovviamente noi saremo pronti ad accoglierli. In bocca al lupo ai Muertissima per la pubblicazione della loro prima fatica e buon ascolto a tutti!

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