Recensione: Inspirations
Passano gli anni ma la vecchia aquila dello Yorkshire non ne vuol sapere di atterrare. Lei volteggia ancora lassù, agile, fiera e libera nei cieli dell’Acciaio. Certo qualche battuta a vuoto, sinora, l’ha accusata, eccome, ma nulla in grado di comprometterne il volo. Scorrono le mode, nascono nuove band e molti eroi ci abbandonano per sempre ma i Saxon rimangono. Una sicurezza, gli Stallions Of The Highway del Nord dell’Inghilterra, oggi ancor di più, vista la mancanza dei Motörhead. L’unica band, sebbene in forma diversa, titolata e in grado di raccogliere il testimone lasciato vacante da Lem & Co.
Marzo 2021. Esce l’ennesimo capitolo discografico dei Saxon. Destinato a far discutere. Inspirations, questo il titolo del lavoro, si distacca dal cliché dal quale i Sassoni ci avevano abituato da eoni. Non si tratta del solito, dignitoso album di HM di stampo defender con qualche piccola variante al tema principale ma di un disco completamente dedicato a delle cover. Undici pezzi cardine facenti parte della crescita musicale di Biff Byford (qui sua recentissima intervista), Paul Quinn, Nigel Glockler, Doug Scarrat e Nibbs Carter vengono saxonizzati e riproposti all’interno di una confezione digipak a due ante accompagnata da un libretto di dodici pagine contenenti principalmente foto in bianco e nero della band e dei singoli, con solamente le ultime due dedicate alle note tecniche di rito.
Scorrendo i titoli delle cover sul retrocopertina ci si trova di fronte a un parterre de roi, o quasi. Tutti pezzi targati anni Sessanta/Settanta ognuno dei quali con un proprio perché e una sua logica. I Saxon hanno puntato alla riproposizione di classiconi, o quasi, non di perle o gemme nascoste. In questi casi la differenza sta nel “come” vengono risuonati e interpretati. E qui casca l’asino.
L’immensa (di suo) “Immigrant Song” in mano agli Stallions poteva portare in dote
la potenza di due rinoceronti in corsa su di una passerella metallica
prendendo a prestito un’uscita di Lemmy risalente al 1984. Si, appunto, poteva… Meno male che in soccorso arriva una versione poderosa di “Bomber” appartenente ai vecchi pard Motörhead fatta con i controcolleoni, come ci si aspetta appunto da delle punte di diamante dell’heavy metal quali sono i Saxon. Sottotono “Paperback Writer”, “Hold The Line” e “See My Friends”. La discografia del Sassone da sempre ha nelle proprie corde gli Ac/Dc e, non a caso, “Problem Child” soddisfa le aspettative così come in parte vi riesce “Speed King“. Senza infamia e senza lode “Paint It Black” e “Evil Woman”, a incarnare la scarsa cifra penetrativa di Inspirations, nella quale ricade il resto dei pezzi non citati.
Tirando le somme, più ombre che luci, all’interno di questo disco a proprio modo originale e coraggioso, ma che si rivela una scommessa riuscita solo per metà.
Spazio al prossimo album “vero”, insomma, previsto fra un annetto. E noi saremo qua a fare il tifo, come sempre! Go Saxon, go!
Stefano “Steven Rich” Ricetti