Recensione: Intented To…

Di Matteo Bovio - 6 Aprile 2003 - 0:00
Intented To…
Band: Dungortheb
Etichetta:
Genere:
Anno: 2003
Nazione:
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80

Questa è quella che si può definire senza dubbi una grandissima sorpresa! Un nome sconosciuto, promosso da un’etichetta neonata (la Perennial Quest) che propone qualcosa di veramente interessante, in un genere che spesso sembra stagnare ma talvolta ci regala delle perle incredibili tipo quest’ultima. Chiamatelo techno-death o chiamatelo death tecnico, la sostanza non cambia…

Non mi sarei mai aspettato che questa neo-proposta francese potesse essere di così grande impatto; non gioca certo a favore l’artwork poco curato, e a dir la verità proprio bruttino. Ma quando i ragazzi hanno gli strumenti in mano non ce n’è per nessuno! Pur non arrivando alle esagerazioni dei giovani Theory In Practice, i Dungortheb danno bella mostra delle proprie capacità tecniche certo non trascurabili, risultando estremamente puliti in fase sia ritmica che solista, e sapendo giocare su ritmi non sempre standard.

Certo, gli ingredienti non sono granchè diversi da quelli di molte altre bands, ma il risultato è comunque ottimo. E’ grandioso l’utilizzo della melodia, che proprio in questi contesti riesce ad ammorbidire l’impatto delle parti più tecniche. Ma sono grandiose anche le strutture dei brani, al limite del progressivo, mai però esagerate al punto da far perdere l’ascoltatore tra una canzone e l’altra. Insomma, come avrete capito è nella moderazione che i Dungortheb hanno trovato il loro punto di forza; il saper scegliere una via di mezzo là dove spesso gli abusi fanno da padroni, e l’aver riconosciuto proprio questo difetto per sapersi distinguere.

Intended To… non è solamente un album piacevole, è qualcosa di più. E’ innanzitutto la promessa di un gruppo che davanti a sè ha evidentemente moltissima strada; e poi è un cd che, oltre a far la gioia degli amanti del genere, potrebbe aprirsi anche a chi ha sempre trovato le soluzioni più tecniche troppo ostiche. E’ poi un album che sa porsi nella giusta metà strada tra quelli che furono i Pestilence e i già citati Theory In Practice. Sicuramente il gruppo con questa uscita ha dimostrato una maturità inaspettata, andando a scavalcare acts che si muovono da ben più tempo e con alle spalle ben altro sostegno. E ha saputo creare in un ambito elaborato delle sensazioni invece molto primitive ed istintive, senza per questo dover scindere le due cose.

Non c’è che dire, sono veramente molto contento di questa proposta. Mi ci è voluto qualche ascolto prima che i passaggi di questo cd mi entrassero nel cervello, ma da lì all’apprezzamento più totale il passo è stato invece molto breve. E sono contento che un’etichetta agli inizi abbia avuto modo, con la sua quarta uscita, di immettere sul mercato un lavoro che darà da pensare a chi crede che le buone uscite siano solo quelle dei soliti grandi nomi… Da supportare.
Matteo Bovio

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