Recensione: Inter Vivos
Tornano i Re del modern metal, i Dead End Finland, con il loro nuovo pargolo, il quarto, “Inter Vivos”.
Poche parole, anzi una, Re, per definire una band che ha sempre prodotto album dall’elevatissimo livello qualitativo. A mano a mano che si sono succeduti nel tempo, i suoi dischi sono passati da un melodic death metal di matrice classica a quello che, oggi, si chiama, appunto, modern metal. Un genere che mantiene in sé alcuni dettami della foggia musicale di partenza, come per esempio il growling miscelato alle hars vocals e la potenza in gioco, ma che si è via via affinato in una forma in cui l’aspetto melodico ha assunto termini di assoluta preponderanza rispetto agli altri componenti stilistici.
Come scritto più sopra, i watt che il combo finlandese sprigiona sono davvero tanti (‘Born Hollow’), a riprova di una ferrea volontà di rimanere nell’ambito del metal estremo, lontano dalle sirene del mainstream. Un approccio coraggioso ma soprattutto integro nel manifestare la voglia di essere dei veri metallari e non dei cloni depotenziati in balia delle onde del mercato… ufficiale. Per ben fatti che siano, infatti, i (capo)lavori dei Nostri sono destinati a restare intrappolati nell’underground, seppur dorato. Una scelta coerente con i propri principi, con le proprie idee, con la voglia di rappresentare, sempre e comunque, un qualcosa che non si allontani mai dai fan del death metal melodico.
“Inter Vivos” prosegue pertanto sul cammino evolutivo tracciato dai precedenti lavori, con delle modifiche che insistono maggiormente in un utilizzo più marcato delle tastiere e, quindi, dell’elettronica. Perfetta per alimentare la clamorosa bravura di Mikko Virtanen & soci nel comporre canzoni memorabili. Sì, perché, spesso lo si dimentica, la discendenza del metal dal rock impone, in ogni ambito, di non perdere mai il focus dal concetto basilare di canzone. Concetto che i Dead End Finland portano ai massimi livelli possibili, giacché il platter è una meravigliosa sequenza di tracce una più incredibile dell’altra; le quali possiedono, tutte, il famoso quid in più per schiantasi nella memoria e non uscirne mai più. Una grandissima classe nel songwriting, che pare mai avere un minimo tentennamento, nella carriera dell’act di Helsinki.
Così, sostenuta dalla possanza della strumentazione elettrica che, irreprensibilmente eseguita, prodotta e restituita in un sound cristallino, massiccio – probabilmente il massimo che oggi si possa ottenete in termine di equilibrio complessivo – , l’immenso talento di scrittura del gruppo nordeuropeo può scatenarsi in tutta libertà. Giungendo così a vette di armoniosità che, attualmente, in pochissimi possono sfiorare. Ma i Dead End Finland no, la loro pressoché infinita bravura a tutto tondo regala perle dal valore incredibile come, per esempio, la fantastica ‘Lifelong Tragedy’, mirabile espressione di come debba essere concepito un brano per essere definito capolavoro. La melodia che lo pervade è stellare, strizza il cuore, libera l’anima per sognare indescrivibili paesaggi ubicati chissà dove; forse dove ciascuno vorrebbe che fossero. Le linee vocali di Virtanen sono addirittura commoventi nell’interpretare i testi al di sopra di una base musicale eccelsa e, occorre non dimenticarlo mai, sempre e costantemente maestosa, piena, carnosa. Nemmeno il tempo di asciugarsi le lacrime che sgorgano dalle sorgenti della mente, che ‘Tightrope’ ripropone, intatto, tutto il pathos della traccia precedente.
E così via, con la musica sempre più foriera di un incanto a occhi aperti che non mostra nemmeno per un secondo cali di emozioni e sentimenti, dal mood vagamente melanconico (‘In Memoriam’), come da DNA di tante formazioni scandinave.
Niente da fare, non ce n’è per nessuno: i Dead End Finland rappresentano da qualche anno il top del melodic death metal, o meglio, del modern metal, e così proseguono con un altro gioiello che si chiama “Inter Vivos”.
Eccezionali.
Daniele “dani66” D’Adamo