Recensione: Intermination

Di Marco Donè - 8 Ottobre 2015 - 15:00
Intermination
Band: Dew-Scented
Etichetta:
Genere: Thrash 
Anno: 2015
Nazione:
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62

Traguardo di tutto rispetto per i Dew-Scented che con Intermination vanno in doppia cifra e raggiungono quota dieci full length. Il quintetto di Braunschweig, forte di un’identità marcata e ben riconoscibile, è autore di un thrash metal tirato che sconfina spesso in lidi più estremi. Attivi dalla metà degli anni novanta, i Dew-Scented figurano tra le prime band a proporre quella fusione death/thrash metal che avrebbe trovato sempre maggior estimatori negli anni a venire. Nella loro pluriennale carriera, i nostri, hanno saputo sfornare alcuni album estremamente interessanti, toccando il proprio apice con Impact e Issue VI. Trovato quindi la propria dimensione, come succede spesso a molte band, il quintetto tedesco ha fatto della coerenza il proprio credo in musica. Coerenza che può esser tradotta con il non spostare di una virgola la propria proposta musicale, tenendo a debita distanza sperimentazioni e innovazioni. Insomma, fedeli alla linea. Questa scelta però, come facilmente intuibile, porta con sé pregi e difetti. Se da un lato offre ai fan una sorta di garanzia sull’operato della band, dall’altro, in un ottica prettamente compositiva, porta ad una limitazione della propria espressività con il conseguente rischio dell’autocitazione. Ovviamente, se il risultato sarà un disco di qualità, nessuno si azzarderà a puntare il dito, in caso contrario, il rischio di cadere in un profondo e oscuro baratro è dietro l’angolo. Non occorre fare nomi, ma esempi su quanto appena detto ve ne sono eccome.

 

In quest’ottica, i Dew-Scented non hanno mai deluso. Gli ultimi lavori, pur non raggiungendo gli apici compositivi e presentando pregi e difetti che da sempre accompagnano la band tedesca, si sono rivelati album granitici, capaci di soddisfare le attese dei fan. Dischi la cui struttura risulta forse un po’ ripetitiva ma in grado di presentare qualche colpo ben assestato.

 

E così, nel segno della coerenza, anche il nuovo lavoro si muove sui binari cui da sempre i Dew-Scented ci hanno abituato. Già a partire dal titolo. Il nuovo album continua infatti la saga della lettera “i” come iniziale, caratteristica di tutta la discografia del quintetto tedesco. Entrando nel dettaglio, con Intermination ci troviamo al cospetto di un classico album Dew-Scented. I pregi li conosciamo bene: riffing abrasivo che trae ispirazione dalla matrice svedese e a cui si aggiungono le classiche influenze tedesche. Sezione ritmica martellante, capace di trasformare le canzoni in un vero pugno in faccia. Voce estremamente aggressiva e in your face. Coerenza dicevamo, e così, oltre ai pregi, non possono venir meno i soliti difetti. In primis proprio la voce del leader Leif Jensen. Per quanto aggressiva e in your face, manca di armonia e dinamica, non riuscendo quindi a enfatizzare le singole parti delle tredici song che compongono Intermination. Che siano parti lente o in blast beat, terremotanti break spezza collo o passaggi melodici, il buon Jensen è sempre autore di un assalto frontale senza mezze misure. Un assalto frontale che all’inizio risulta estremamente convincente ma, con il proseguo degli ascolti, tende ad appiattire le canzoni. Lo stesso songwriting, per quanto curato, tende a presentare strutture trite e ritrite. Pur presentando tracce convincenti, violente e brutali, song come On A Collision Course, Ode To Extinction o Power Surge, vera e propria mazzata in musica, l’album è troppo in linea con quanto fin qui proposto dal quintetto tedesco. Manca quindi l’effetto sorpresa, quel passaggio in grado di stupire, di fare la differenza. Un disco suonato da musicisti con ottime doti tecniche, caratterizzato da un ottima produzione e da canzoni ben strutturate, ma in cui quella sensazione di già sentito è sempre dietro l’angolo. Va inoltre segnalata la presenza di Klaus Spangenberg che si alterna al microfono con Jensen in Demon Seed e Reborn. L’esperimento special guest alla voce era già stato provato sul precedente Icarus con risultati pregevoli, questa volta, invece, il bersaglio non viene centrato a dovere. La prestazione di Spangenberg è troppo piatta per poter contribuire in positivo nell’economia del disco.

 

Intermination risulta quindi un album che non andrà oltre a quanto fin qui espresso dai Dew-Scented. Un lavoro che non dirà nulla di nuovo ma da cui trasudano passione e convinzione. Ed è proprio questo il più grande pregio della band tedesca. Da anni corre dritta, imperterrita, mai una deviazione, mai una sosta, corre con convinzione in se stessa. Compone dischi che possono risultare ripetitivi nella loro struttura ma che si lasciano ascoltare, dischi composti con la stessa attitudine degli esordi. E scusate se è poco. Chi segue da tempo la band sa cosa aspettarsi da Intermination e ha già le idee chiare se aggiungere nella propria collezione il disco o meno. Mentre, chi ancora non conoscesse il quintetto tedesco, provi a dargli un ascolto, non si imbatterà nel lavoro migliore dei Dew-Scented ma potrebbe trovarvi qualche spunto interessante.

 

Marco Donè

 

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