Recensione: Internal Affairs
Gli anni settanta faranno certamente ricordare ai molti la varietà musicale di quel fervente periodo, a dir poco storico e anche molto romantico in molte sue sfaccettature: chi lo ha vissuto e anche chi non c’era, può immaginare o ricordare la voglia verace di comporre musica delle big band, quando (forse) i soldi non erano ancora tutto per certe realtà in carica da sempre.
Si può rammentare anche la durezza musicale del nascente punk e dell’hardcore più feroce, antitesi certa di questi The Night Flight Orchestra che -col loro nuovo e primo disco – vogliono riportare quei floridi anni al giusto splendore.
Con “Internal Affairs” si riassapora il romanticismo di uno stile a cavallo tra Thin Lizzy e New Wave inglese, pur se dall’approccio pressoché differente, pur con un concetto comune: non troppa attitudine rock’n roll ma classicismo d’impatto.
Nati come progetto rock dall’intesa tra Björn “Speed” Strid dei Soilwork e Sharlee D’Angelo degli Arch Enemy, il combo sforna questo primo full-length di dodici interminabili tracce: interminabili per il semplice fatto che, brani così lunghi, per questo genere sono di difficile digestione.
Come “Siberian Queen” insegna, le linee melodiche vanno per la maggiore, non tendendo mai al metal per restare su suoni classici, senza poi calcare la mano sulla potenza chitarristica (eccezion fatta per i favolosi assolo). Senza dubbio, uno dei brani più adatti ai nostalgici, come pure “Stella Ain’y No Dove”, pezzo dotato di un refrain accattivante e cantabile.
Soprattutto in questi frangenti riusciamo a scorgere una delle caratteristiche portanti del gruppo, cioè l’inconsueta impostazione lirica di Strid, un modo d’interpretare che a molti potrà risultare sgradito, ma che si rivela senz’altro significativo e ricco d’espressività. Unitamente a quest’aura psichedelica che intinge letteralmente il debut dei Night Flight Orchestra, proprio la voce riesce a rafforzare l’ottimo sound di stampo prettamente anglosassone e seventies su cui il gruppo costruisce la gran parte del proprio affascinante approccio musicale.
Impossibile insomma, rinnegare uno stile ed un suono tanto antichi quanto attraenti: i The Night Flight Orchestra mostrano di conoscere bene la strada che porta dritto al cuore e, forti di ciò, sono riusciti a sfornare un album di notevole qualità.
Certo, qualche punto debole lo mostrano anche loro. Come già accennato in apertura, la tendenza a divagare ed allungare troppi i brani potrebbe manifestarsi come un limite evidente: un’impostazione di questo tipo sembra voler far durare le canzoni in eterno, portando il disco a “sgonfiarsi” un po’ in certi passaggi e dopo qualche ascolto.
Prendiamo ad esempio la title-track: gran pezzo, aperto con un giro di basso molto interessante dalla matrice funky, che da solo va a conferire personalità al gruppo. Ma cinque minuti così, alla lunga, rischiano di apparire appesantiti e monocordi per il genere ed il pezzo quindi, rischia di stancare ancor prima della fine.
Questo però sanno e vogliono fare i The Night Flight Orchestra: regalare ottime sensazioni di chiara radice settantina, mescolando classicismo psichedelico, funky inglese ed un po’ di vetero rock di antica scuola. Ci sarebbe da immaginarsi un video clip ricco di colori e di immagini “evaporate” su queste canzoni…
Un disco, dunque, molto ben prodotto, suonato e registrato che si prefigura come non per tutti. Riservato cioè, esclusivamente a chi sa apprezzare una certa attitudine non propriamente heavy e rock’n roll.
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Tracklist:
01. Siberian Queen
02. California Morning
03. Glowing City Madness
04. West Ruth Ave
05. Transatlantic Blues
06. Miami 5:02
07. Internal Affairs
08. 1998
09. Stella Ain’t No Dove
10. Montreal Midnight Supply
11. Green Hills Of Glumslöv
12. American High
Line Up:
Björn “Speed” Strid – Voce
David Andersson – Chitarre
Sharlee D’Angelo – Basso
Richard Larsson – Tastiere
Jonas Källsbäck – Batteria