Recensione: Into the Brain
‘Into the Brain’ è l’album con il quale debuttano i Lucani Elettric, autoprodotto e disponibile dal 25 giugno 2022.
La band nasce nel 2013 a Tramutola (PZ), da un’idea del chitarrista/cantante Giuseppe Ormando e del batterista Steven Riso Junior, ai quali si affiancano il chitarrista Ennio Cecchi di Marsicovetere (PZ) ed il bassista Biagio Gioia di Marsico Nuovo (PZ).
Quello che suonano gli Elettric è un Thrash Metal essenzialmente influenzato dai Metallica, come evidenziano soprattutto lo stile canoro di Giuseppe ed alcune andature di cui i Quattro Cavalieri sono maestri.
Parliamo di un Thrash puro, tendente all’Heavy classico e legato alla Vecchia Scuola, privo di esagerazioni e di quelle contaminazioni moderne che ne amplificano ulteriormente la ferocia, come gli inserti Metalcore o Death Metal.
L’attacco sonico che esplode dall’album è dato sì da riff taglienti e precisi uniti ad una voce prepotente e determinata, ma anche da un buon uso delle linee melodiche, che rendono ogni singolo brano orecchiabile e distintivo.
Questi quattro ragazzi hanno scritto canzoni che si piantano bene in testa, che ti ritrovi a cantarle senza quasi accorgertene e che fanno venire un’insana voglia di ascoltarle dal vivo. Un risultato non da poco, considerando, soprattutto, che nessuno dei brani che compongono il Full Length è semplice o banale … anzi, gli spartiti sono parecchio articolati e con molti cambi di tempo, resi però molto fluidi da buoni collegamenti ed interludi e con le giuste distensioni date dalle precise sezioni soliste.
E’ particolarmente incisiva la prima parte di ‘Into the Brain’, proprio quattro bei pezzi, ciascuno con il suo perché: l’introduzione scura ed energica, con quella punta ansiogena che crea aspettativa di ‘Silent Scream’ è da manuale: in un attimo si è prigionieri dell’album. Brano grintoso ed energico, spezzato dall’atmosfera di un ottimo assolo melodico accompagnato da delle nere linee di basso, dà la giusta carica.
Carica che prosegue ascoltando la Title Track, potente e prepotente.
Con ‘Stronger Than Death’ gli Elettric cambiano marcia: il pezzo è cadenzato, durissimo ed inesorabile, spietatamente marziale, con un assolo in chiave Hard Rock (se così si può dire) particolarmente intrigante.
Segue ‘Hidden Inside’, con il suo arpeggio opprimente, l’attacco robusto e le strofe violente alternate con ritornelli malinconici. Veramente un gran pezzo, peccato che … sfuma … accidenti! Dovrebbero promulgare una legge che vieta di sfumare le canzoni Heavy Metal. Pazienza, è un ‘difetto’ che non ne pregiudica il valore.
I pezzi che seguono, ‘Paths of Hate’ e ‘Nothing and Nobody’, sono meno immediati, più riflessivi, diciamo (sempre parlando di Thrash Metal), ma non per questo meno incalzanti ed incisivi.
Al contrario, ‘The Man Who Never Die’ è stra-diretta: dedicata a Lemmy unisce lo stile degli Elettric all’irruente strafottenza di un pezzo dei Motorhead. Grande l’idea di scrivere un brano inedito, assumendosi un rischio, e non di proporre l’ennesima cover di ‘Aces of Spades’ o di ‘Bomber’.
Chiude ‘Watch Me Become’, un buon Thrash ‘N’ Roll nudo e crudo, che non la manda a dire.
Vero che, intanto che si ascolta ‘Into The Brain’ ci si chiede se ‘… And Justice for All’ ed il Black Album siano ancora al loro posto, ma, in questo caso, la forte influenza che si sente non svilisce la qualità dell’opera.
La bravura c’è, le tracce sono, semplicemente, belle ed anche ben prodotte e quest’album si ascolta più che volentieri.
Non c’è altro da dire. Bravi Elettric, aspettiamo il prossimo lavoro.