Recensione: Into the Electric Castle
Ed ecco cosa è uscito nel 1998 dal “Castello elettrico” di Arjen Lucassen (è il nome del suo personale studio di registrazione, ripreso nel titolo di quest’album): un generoso concept (ben due CD al prezzo di uno) che ci racconta una storia visionaria (dote che Lucassen aveva mostrato anche in The Final Experiment). E’ chiaro che il nostro non si accontenta di ispirarsi a libri o film già famosi, ma vuole aggiungere valore alle sue opere anche tramite l’originalità (è una parola che uso il meno possibile, ma qui mi pare appropriata) narrativa dei testi. Il concept, in sintesi, narra di otto personaggi tipici di varie epoche dell’umanità (ognuno interpretato da un diverso cantante) che vengono trascinati in un’altra dimensione per uscire dalla quale devono raggiungere il castello del titolo. A causa delle insidie nascoste al suo interno, che ognuno affronta a modo suo facendo appello alle divinità o agli ideali in cui crede, solo quattro sopravvivono. Costoro scoprono di essere stati portati lì dagli alieni che hanno creato l’umanità, al solo scopo di percepire le loro emozioni, che questa razza extraterrestre da eoni ormai non riesce più a provare. Una storia articolata insomma, da cui sembra in America qualcuno volesse addirittura fare un film d’animazione in 3d (tipo Final Fantasy), ma la cosa non è andata in porto.
La lunga digressione sul contenuto dei testi è solo per far capire quanto il tutto si presti a un lavoro molto teatrale sulle parti vocali, elemento che è uno dei punti di forza dell’album, con gli ospiti alle liriche impegnati spesso in veri dialoghi cantati o a far sentire la rabbia, il terrore o la frustrazione causati dalle situazioni in cui si trovano i personaggi che interpretano.
Premesso questo, evidenzierei i momenti più alti musicalmente in un album che è nel complesso di buon livello, tranne forse in un paio di pezzi che hanno scopi principalmente narrativi, come il primo o “Forever of the Stars”. Degni di nota quindi sono senz’altro “Amazing Flight”, lungo brano che si conclude con una splendida parte strumentale in cui risalta un flauto rock in pieno stile Jethro Tull (e proprio Ian Anderson era stato chiamato per suonarlo, ma era in vacanza…); “The Decision Tree”, dove spicca particolarmente la voce di Fish (ex Marillion) nel ruolo di un Highlander; le seconde parti di “Accross the Rainbow Bridge” e “The Garden of Emotions”, ben ritmate; la medievaleggiante “Valley of the Queens”, con in primo piano Anneke van Giersbergen (The Gathering) nella parte dell’egiziana; l’epica “The Castle Hall”, dove il flauto è di nuovo usato come in “Amazing Flight”; “Cosmic Fusion”, in cui Arjen riesce a integrare perfettamente i growlings della Morte, ovvero George Oosthoek; l’orecchiabile ritornello di “Evil Devolution”.
In definitiva, dopo la prova non entusiasmante del precedente Actual Fantasy, il marchio Ayreon torna a essere la garanzia di un prog di elevata qualità.
Tracklist:
CD 1:
1. Welcome to the New Dimension (3.06)
2. Isis and Osiris (11.11)
3. Amazing Flight (10.15)
4. Time Beyond Time (6.05)
5. The Decision Tree (We’re Alive) (6.24)
6. Tunnel of Light (4.05)
7. Across the Rainbow Bridge (6.19)
CD 2:
1. The Garden of Emotions (9.41)
2. Valley of the Queens (2.25)
3. The Castle Hall (5.49)
4. Tower of Hope (4.54)
5. Cosmic Fusion (7.27)
6. The Mirror Maze (6.34)
7. Evil Devolution (6.31)
8. The Two Gates (6.28)
9. Forever of the Stars (2.03)
10. Another Time, Another Space (5.20)