Recensione: Into The Fire

Di Stefano Burini - 12 Febbraio 2011 - 0:00
Into The Fire
Band: Bryan Adams
Etichetta:
Genere:
Anno: 1987
Nazione:
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77

Se “Reckless” è stato indubbiamente l’album che ha sancito il successo commerciale di Bryan Adams, 13 milioni di copie in tutto il mondo, trainato dalle innumerevoli hit-singles in esso contenute (“Run to You”, “Heaven”, “Summer of ’69”, “Somebody” e “It’s Only Love”, in duetto con Tina Turner), “Into The Fire” del 1987 rappresenta un capitolo inevitabilmente “minore”, almeno in termini di popolarità, nell’ambito della discografia dell’artista canadese
Nelle parole di Adams medesimo, all’epoca del lancio di “Into The Fire”, si percepiva la volontà di proporre qualcosa che si discostasse da quanto già presente su “Cuts Like A Knife” e su “Reckless” e di dare maggiore profondità a liriche, arrangiamenti e songwriting. L’obiettivo è stato in parte centrato: più di metà delle canzoni presenti si possono effettivamente dire più mature e ambiziose, sia per quanto riguarda la composizione che per quanto riguarda la cura dei dettagli rispetto alla media delle canzoni presenti nei due precedenti lavori, tuttavia la presenza di alcuni filler non permette a “Into The Fire” di compiere quel salto di qualità definitivo che verrà raggiunto sul pluridecorato “Waking Up the Neighbours”, dato alle stampe nel 1991 sotto l’egida di Mutt Lange.
L’opener “Heat Of The Night” fu un singolo di buon successo in U.S.A. e in U.K., tipico brano in stile Bryan Adams fornito di una melodia straripante e di grande gusto, leggermente più elaborato rispetto al recente passato. Anche la title track presenta costruzioni melodiche tutt’altro che scontate e un refrain efficace per quanto non immediato, tuttavia è con “Victim Of Love” che è possibile comprendere realmente dove voleva andare a parare Adams con le sue dichiarazioni.

Il punto di forza della proposta del cantante canadese è sempre stata, senza girarci troppo attorno, la sua splendida voce, roca e passionale, in grado di dare un tocco più rude a canzoni che altrimenti potrebbero rischiare di diventare troppo dolciastre e melense. Ad ogni modo la prova offerta su “Victim Of Love” è una delle migliori di sempre, ulteriormente impreziosita dalla mirabile fusione con le armonie dense create da chitarre e tastiere.
“Another Day” è un rock ‘n’ roll allegro sulle tracce della passata “Long Gone”, leggermente meno brillante, niente più che un riempitivo compreso tra quelle che con ogni probabilità rappresentano il meglio in scaletta, ovverosia la già citata  “Victim Of Love” e l’altrettanto notevole “Native Son”, uno splendido AOR di nuovo imperniato su chitarre deliziosamente riverberate e su un tema vocale di grande spessore che issa di nuovo Bryan Adams ai primi posti della classifica dei cantanti di rock melodico.
“Only The Strong Survive” lambisce ancora territori rock ‘n’ roll con alterne fortune, la successiva “Rebel” è una  romantica ballata AOR in grado di non sfigurare rispetto alla più famosa “Heaven”, mentre “Remembrance Day” mette di nuovo in risalto la voce ruvida ma aggraziata di Bryan, in un brano di per sé non trascendentale.

In chiusura “Hearts On Fire” e soprattutto “Home Again”, procedono con ottimi risultati nella direzione tracciata dalle prime tre canzoni in scaletta, rivelandosi altri due brani d’alto livello, imperniati su voce, chitarra e minuziosi inserti di tastiera. In effetti, è proprio questa la ricetta sempre verde di Bryan Adams: canzoni orecchiabili, intorno ai 4-5 minuti, rifinite con grande cura e attenzione ai dettagli, intonate da una delle più belle voci in circolazione. Perché chiedere altro?

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Line Up:

Bryan Adams – Voce, chitarra, tastiera e pianoforte
Keith Scott – Chitarra
Jim Vallance – Tastiera
Dave Taylor – Basso
Mickey Curry – Batteria

Tracklist:

01. Heat Of The Night
02. Into The Fire
03. Victim Of Love
04. Another Day
05. Native Son
06. Only The Strong Survive
07. Rebel
08. Remebrance Day
09. Hearts On Fire
10. Home Again

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