Recensione: Into The Valley Of The Moon King

Di Mauro Gelsomini - 14 Giugno 2009 - 0:00
Into The Valley Of The Moon King
Band: Magnum
Etichetta:
Genere:
Anno: 2009
Nazione:
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85

Altro tiro, altro centro.
Il sodalizio artistico tra Tony Clarkin e Bob Catley ha ormai superato i trent’anni, ma come il buon vino non fa che migliorare col tempo.

Esce oggi il quindicesimo studio album della band di Birmingham, che mantiene tutti i canoni maggiormente rappresentativi del suo stile, sia dal punto di vista musicale, sia da quello estetico: è ancora Rodney Matthews, infatti, ad occuparsi dell’artwork, e il suo tocco inconfondibile è un trademark che va a braccetto con le atmosfere disegnate da Tony e Bob, sin da “Chase The Dragon”, nel lontano 1982.
Si prosegue dunque per la strada intrapresa con il precedente Princess Alice and The Broken Arrow, che richiamava a gran voce, anche nei colori, il leggendario On A Storyteller’s Night. Anche per “Into The Valley Of The Moon King” sono la magia, l’incantesimo, il fantastico, le suggestioni ben catechizzate dai disegni di Matthews, e in larga parte supportate – manco a dirlo – dai brani del nuovo album.
Per accorgersene basterebbe fermarsi all’ascolto dell’intro, il “c’era una volta” cantato dalle tastiere di Mark Stanway, preludio della cadenzata “Cry To Yourself”; l’impatto sonoro è avvolgente, e come nella più riuscita delle fiabe, veniamo catapultati nella “valle del Re della Luna” con grande naturalezza.
Il prestigio è presto rotto, perché già con “All My Bridges” i Magnum tornano su sonorità più dirette, per una up-tempo che è anche la prima grande live-hit del disco; emergono reminiscenze Deep Purple – prima, con “Take Me To The Edge”, e dei Rainbow più bluesy – poi, con l’epica, quasi title-track “The Moon King” – ma i Magnum restano fedeli alla linea: il sound è ormai radicato, e anche il lirismo è riconducibile ad aspetti ricorrenti, come l’interesse di Clarkin per tematiche, sempre attuali, come la diversità, intesa in senso sociale-religioso e le conflittualità che ne derivano. Impossibile dunque non riconoscere come padri putativi di brani come “A Face In The Crowd” e “No-one Knows His Name”, highlight come “The Spirit”, “When The World Comes Down”, “Desperate Times” e soprattutto “We Need A Lot Of Love”… “No-one…”, poi, per pathos e stile segue le orme di suite epiche come “Don’t Wake The Lion”. Scusate se è poco.

Se Clarkin da un lato è lo stilista, il sarto, Catley è l’indossatore. Per la voce di Bob non abbiamo più parole, davvero.
Il nostro riesce anche a riscoprirsi rocker di quelli tosti con “Take Me To The Edge” e “Feels Like Treason”, salvo poi dimostrare tutta l’emotività in ballad suadenti come “If I Ever Lose My Mind”…
Tutte le eco fin qui percepite si danno appuntamento in “Blood On Your Barbed Wire Thorns” vero calderone progressive-pomp nonché immancabile suite finale.

Disponibile in una varietà di formati (Jewel Case CD, Digipak con Bonus DVD allegato, LP) “Into The Valley Of The Moon King” si candida prepotentemente per una “palma” tra le migliori uscite dell’anno in campo Hard Rock.
E non solo.

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Tracklist:

  1. Intro
  2. Cry To Yourself
  3. All My Bridges
  4. Take Me To The Edge
  5. The Moon King
  6. No One Knows His Name
  7. In My Mind`s Eye
  8. Time To Cross That River
  9. If I Ever Lose My Mind
  10. A Face In The Crowd
  11. Feels Like Treason
  12. Blood On Your Barbed Wire Thorns

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