Recensione: Invidious Dominion
I Malevolent Creation sono una band che ha sempre diviso il pubblico tra chi li ama alla follia e chi, pur apprezzandone l’attitudine oltranzista, non riesce proprio a digerirli. Ebbene, i floridiani non smetteranno di dividere, perchè è appunto questa la loro indole: il fregarsene dei giudizi altrui ed andare avanti per la propria strada nonostante le avversità che, in questi anni, sono state davvero tante, tra defezioni, incomprensioni e quant’altro. Una cosa però gli si deve riconoscere da ogni parte: il loro nome è sinonimo di “vecchia scuola”, e questa affermazione brilla come una assoluta verità in particolar modo ascoltando questo Invidious Dominion.
Il nuovo platter di Phil Fasciana e soci, i quali hanno appena riaccolto nuovamente tra loro lo storico bassista Jason Blachowicz, è infatti l’ennesimo omaggio al death metal duro e puro, senza fronzoli, diretto e feroce come una fiammata dall’Inferno. L’attuale formazione dei Creation è quanto di più solido si potesse ottenere negli ultimi anni, con Brett Hoffmann rabbioso più che mai ed in grande forma dietro al microfono, Gio Geraca all’altra chitarra e l’ottimo Gus Rios dietro le pelli; tutti a dimostrare il loro affiatamento e la propria abilità nel terreno che più gli è congeniale.
Invidious Dominion è, del resto, uno degli album più violenti e intransigenti dai tempi di The Will to Kill, con brani brutali come le slayeriane Conflict Finalized e Slaughterhouse, e vere e proprie mitragliate soniche come Lead Spitter e l’anthemica Antagonized. La costante maggiore lungo tutto lo scorrere delle tracce è il drumming di Rios: un’incessantemente martellante serie di blast beat serrati che costituisce le solide e sicure fondamenta su cui le ritmiche indiavolate di Fasciana possono fare le vittime maggiori.
Dopo un’Intro al sapore di zolfo, si abbatte un grosso pugno sulla faccia dell’ascoltatore di turno, una serie di brani senza respiro interrotta solo da fulminei stop and go o da qualche “mooolto” eccezzionale cadenzatura come in Target Rich Envrionment, dove la temporanea solennità dell’incipit viene crudelmente spezzata senza pietà per lasciare spazio alla solita velocissima sfuriata.
Tutto bellissimo per i fan più appassionati del combo americano già avvezzi a questo tipo di sonorità. Onestamente però, devo dire che il disco, ad un certo punto morde un po’ il freno dell’attenzione e della godibilità, soprattutto con i tre brani finali e, nonostante sia lungo poco più di mezz’ora, a qualcuno potrà sorgere il dubbio che potesse finire anche prima. Intendiamoci: i Creation, in questo album, fanno quello che sanno fare meglio e lo fanno al top delle loro potenzialità; quello di cui si sente la mancanza qui, però, è un pizzico di ispirazione in più, quella stessa che li ha aiutati a diventare parte della storia del death metal all’inizio degli anni ’90.
Vogliamo credere che questa sia stata solo l’ennesima prova di forza intenzionalmente data a sè stessi ed alla scena, in attesa di quel famoso passettino in avanti; perchè probabilmente questo è quello che gli si chiede da molte frange del pubblico anche se, a mio parere, non ce ne sarebbe stato bisogno vista la già indubbia fama della band in questione. Se siete comunque tra quelli, questo è il disco che fa per voi, se volete sapere come suona il death negli Stati Uniti da vent’anni a questa parte, questo è l’ABC, perchè in Invidious Dominion non troverete nessun compromesso, solo death metal!
Francesco ‘Darkshine’ Sorricaro
Tracklist
01. Intro 00:34
02 United hate 03:32
03. Conflict finalized 03:32
04. Slaughterhouse 04:11
05. Compulsive face breaker 03:18
06. Lead spitter 03:24
07. Target rich environment 03:39
08. Antagonized 03:39
09. Born again hard 03:17
10. Corruptor 03:53
11. Invidious Dominion 03:02
Durata totale 35:59