Recensione: Invocation
Coerenza, perseveranza e dedizione sono tre aggettivi che ben si calzano ai tedeschi Dew-Scented, attivi dal 1992 e autori, a partire dal 1996, di otto full length di cui l’ultimo, “Invocation”, è stato appena rilasciato dalla Metal Blade Records. Accanto a questa cospicua produzione discografica, un ricco palmarés di successi live dimostra inoltre l’esperienza diretta del quintetto, che nel corso della propria carriera ha calpestato i palcoscenici di mezzo Mondo. Un gruppo tutto d’un pezzo, quindi, che del thrash puro e incontaminato ha fatto la propria bandiera da sventolare ovunque con orgoglio.
Orgoglio teutonico, ovviamente: gli stilemi di base sono quelli concernenti l’ondata che seguì il maremoto provocato da Exodus & Co., che generò, dalle rovine, i Destruction, i Sodom e i tanti altri act che caratterizzarono il genere nella Germania della seconda metà dei «the Eighties». Uno stile pertanto primordiale, rozzo, refrattario alle raffinerie in genere. Tuttavia i tempi cambiano, e non avrebbe poi così senso ripercorrere pedissequamente strade battute e strabattute. I Nostri, indi, pur non rinnegando le proprie origini, mettono giù tutta la potenza tipica della specie rendendola con tutto ciò coerente con quanto preteso dal selettivo presente. Approccio agli strumenti del tutto professionale, di conseguenza, accompagnato da una solida preparazione di base; produzione pulita e chiara nonostante i watt in gioco sì da estrinsecare un suono bilanciato in tutte le varie parti strumentali.
E a proposito di strumenti, impressionante, in quantità e qualità, il lavoro sviscerato dai chitarristi, vere fucine di riff poderosi e soli laceranti. Disparata la proposta delle due asce, incessantemente infervorate nel dar luogo a un rifferama dai connotati tradizionali ma piacevolmente vario. Puntuale e stilisticamente in linea anche la batteria, con Dieken che si toglie lo sfizio, qualche volta, di accelerare il ritmo con degli azzeccati blast beats. E, finalmente, un vocalist che non mutua le migliori ugole del genere (Chuch Billy, James Hetfield, ecc …): Jensen urla a pieni polmoni la sua rabbia grazie a uno screaming potente, graffiante e personale.
Riassumendo, quindi: sound personale e caratteristico, groove costante nella direzione scelta – thrash tradizionale perfettamente ammodernato per il 2010 – e nella consistenza, mood arrabbiato, nessun calo di tensione. Ultima ma non ultima: nessuna novità. Questo può essere giudicato in entrambi i sensi di marcia: i thrasher incalliti troveranno in “Invocation” una gustosa e moderna interpretazione dell’ortodossia degli anni ottanta; quelli più progressisti, un album si ben suonato e prodotto, ma tutto sommato banale. Del resto, il thrash è per definizione stessa un genere che può trovare con molta difficoltà dei margini di evoluzione, data la rigidità dei relativi schemi stilistici. Comunque sia, la band mostra di esser compatta e capace di mettere costantemente a fuoco il proprio modo di suonare. Prescindendo dalla (poca) originalità della proposta, in ogni istante si materializza, chiaro e definito, il marchio di fabbrica del quintetto.
Procedendo con l’ascolto delle canzoni, non può che rimanere impressa “Condemnation”, violentissimo assalto all’arma bianca. La velocità è molto alta ma si rimane diligentemente nel genere, senza sforare – come a volte accade – nel death. Cascate di riff al titanio e soli rapidi come la luce, refrain anthemico e facilmente memorizzabile ne faranno il brano principe per devastare i palchi ove l’act si esibirà! Intermezzo melodico con “Totem” per precipitare di nuovo aggrappati alla possente macchina da spinta che i Dew-Scented riescono a sagomare con “Torn To Shreds”, accidentata da stop and go e blast beats. Attorno a questo nucleo di pezzi dannatamente coesi, ruotano tutti gli altri; su orbite precise, senza mai mostrare tentennamenti o divagazioni dalla direzione data dall’impulso iniziale.
I Dew-Scented non faranno la Storia, ma il proprio lavoro lo sanno fare in maniera egregia. Professionalità, esperienza e tecnica sprizzano da ogni poro di “Invocation” che, per via dell’attitudine marcatamente tradizionalista, si assesta sul livello delle migliori produzioni del genere, senza tuttavia emergere per la relativa mancanza di voler proporre qualche novità.
Un onesto lavoro, frutto dell’onesto lavoro di una band altrettanto onesta.
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Track-list:
1. Downfall 1:46
2. Arise From Decay 4:38
3. The Invocation 3:38
4. Have No Mercy On Us 4:37
5. Artificial Life 3:45
6. Condemnation 3:05
7. Totem 1:06
8. Torn To Shreds 3:48
9. Revel In Contempt 4:01
10. A Critical Mass 4:43
11. Global Hysteria 4:29
12. Slaves Of Consent 6:19
Line-up:
Leif Jensen – Vocals
Michael Borchers – Guitar
Martin Walczak – Guitar
Alexander Pahl – Bass
Marc-Andrée Dieken – Drums