Recensione: Iron
Era il 2001 quando per caso, navigando in rete in cerca di interessanti recensioni, mi imbattei in questo nuovo gruppo finlandese. Sul sito dove lessi la loro prima recensione se ne parlava in modo entusiastico e ne era derivato un voto piuttosto alto, quindi, colto da un improvviso interesse, mi procurai il loro primo album “Ensiferum” e rimasi folgorato. Dal 2001 anno di uscita del loro primo lavoro è stato uno dei CD che più raramente ha abbandonato il mio lettore e l’attesa per un loro nuovo album si faceva snervante. Fortunatamente ora posso testare la mia fede con “Iron”.
Non poche sono le vicissitudini che hanno rallentato l’uscita di questo album e la sua recensione. Prima fra tutte l’abbandono del cantante Jari Mäenpää (comunque presente in questo disco) che ha deciso di lasciare la band per dedicarsi al suo progetto principale (Wintersun), il che intralciava il tour europeo del gruppo. In secondo luogo le decisione della casa di distribuzione che per vari motivi non meglio precisati ha ritardato l’uscita dell’album di circa 6 mesi. Terza motivazione il fatto che ho voluto dedicare a questo album molto tempo prima di giungere ad una recensione troppo condizionata da quello che ha significato per me il precedente lavoro.
Ora passiamo a parlare del disco. “Iron” è un album più duro e allo stesso tempo più dolce del precedente, questo perchè ci trascina con alcune song veloci, ritmate e violente, che vanno quasi a sfociare nel Thrash in alcuni frangenti, ma riesce anche ad affascinarci con i suoi interludi folk e melodici. Vi chiederete a questo punto, se l’album è più duro e ha più parti folk/melodiche cosa è venuto a mancare rispetto a prima? Purtroppo, per mio gusto personale, vengono a mancare i cori maestosi che accompagnavano quasi ogni canzone del precedente album, e che rendono questo nuovo lavoro meno epico del loro debut.
Cerchiamo quindi di analizzare questo album in maniera differente dal precedente. Il disco parte con una intro evocativa, “Ferrum Aeternum“, che ci introduce in modo perfetto nell’atmosfera folk del disco. Un intro atipica in lunghezza, più di tre minuti, che però non stancano o danno fastidio in quanto parte integrante dell’ambientazione nordica del disco. L’intro lascia quindi spazio alla title-track, “Iron“, che parte subito con ritmo aggressivo, veloce. In questa canzone si notano subito le basi melodiche e stilistiche della band che affonda le sue radici nel death melodico e nel power ritmato e frenetico dei Children of Bodom. “Sword Chant“, la canzone seguente, è quella che mi ha stupito di più come stile. Trascinante come poche, alterna parti aggressive che ricordano molto il Thrash con stacchi melodici e cadenzati, particolare anche il modo in cui viene cantata, sembra quasi che col cantato si cerchi di inseguire la musica come se fosse troppo veloce. Dopo questi due pezzi granitici troviamo un interludio musicale, “Mourning Hearth“, che ci fa rilassare e ci prepara alle successive tracce.
Tocca a “Tale of Revenge“, pezzo molto melodico con improvvisi cambi di ritmo, cantato in parte in stile death in parte con voce normale. Il ritmo aumenta vertiginosamente verso il finale per poi ammorbidirsi nella successiva “Lost in Despair” che come si intuisce dal titolo è una canzone lenta dai ritmi cadenzati che lascia trasparire una nota di desolazione e disperazione. Si lasciano quindi i ritmi cadenzati e si viene scaraventati in una aggressiva “Slayer of Light“. Solamente dal ritornello si capisce la violenza di questa song, “I… I will break your will, I… I will crush your faith, I… I will slay your dreams“. Probabilmente la canzone più veloce e aggressiva dell’album.
Si passa quindi a quella che a mio giudizio è la canzone più bella dell’album, non che la più epica. “Into Battle” parte con un “arpeggio” di chitarra elettrica accompagnato da un coro di sottofondo per poi aumentare improvvisamente ritmo e lanciarci con un urlo aggressivo nella battaglia. Forse la song più vicina allo stile del primo album, in cui si nota la bravura della band nel mescolare alla perfezione ogni singolo strumento e ogni suono per ricreare un atmosfera incredibile che trasmette l’impeto della battaglia ad ogni singola nota. Il ritornello con la sua aggressività vi saprà trascinare come pochi.
Si passa quindi ad un’altra canzone molto importante dell’album. “LAI LAI HEI” è un pezzo folk/viking nel pieno stile della band. Il testo della canzone è inizialmente in finlandese per poi passare all’inglese al cambio di ritmo. Ogni strofa della canzone è cantata alternata ad un coro creando un atmosfera suggestiva, il ritornello della canzone è un ripetersi del titolo seguendo il ritmo della musica, dando quasi l’impressione di un canto in stato di trance. Si arriva quindi alla dolce conlcusione dell’album con “Tears“. Il pezzo è cantato dalla dolce voce di Kaisa (cantante dei Batllelore) ed è indubbiamente una stupenda ballad che conclude degnamente questo splendido album.
In conclusione devo dire che non è stato affatto facile giudicare obiettivamente questo secondo lavoro degli Ensiferum. Sono stato abbastanza sconcertato dai primi ascolti, la diminuzione dei cori e la leggera perdita di epicità mi avevano lasciato spiazzato. Ed è per questo che ho atteso così tanto per stendere una recensione dell’album, non sarei riuscito ad apprezzarlo e a valutarlo correttamente dopo i primi ascolti. Ora posso dire di averlo capito molto meglio e lo giudico leggermente inferiore al primo lavoro solo per gusti personali. Per chi non li conoscesse un solo consiglio: rimediate subito!!!!
Tracklist:
01. Ferrum Aeternum
02. Iron
03. Sword Chant
04. Mourning Heart – (interlude)
05. Tale of Revenge
06. Lost in Despair
07. Slayer of Light
08. Into Battle
09. LAI LAI HEI
10. Tears