Recensione: Iron Times
I Discreation giungono al loro sesto full-length in carriera con “Iron Times”, che presenta una novità alla voce. E cioè Marc Grewe. Il che non è poca cosa, tenuto conto che il suo palmarès annovera band del calibro di Morgoth, Deimos’ Dawn, Insidious Disease e Leper Colony.
Un innesto non da poco, quindi, che aggiunge qualità a una formazione già di buon livello per competere alla pari con le migliori compagini che praticano il death metal. Death metal moderno ma che, allo stesso tempo, non dimentica i dettami-base risalenti ai primi anni novanta.
Death metal privo di fronzoli, diretto come un pugno in piena faccia. Nessuna contaminazione, insomma, con altre realtà musicali. Verrebbe da dire: «death metal come Dio l’ha fatto!». Difatti, a parte l’inserimento in sottofondo di alcuni passaggi ambient giusto per inspessire il mood cupo e tenebroso che avvolge “Iron Times” (‘Bringer of Demise’), esso si presenta al pubblico di appassionati come tutto d’un pezzo. Una valanga di macigni che piombano sulla schiena a mano a mano che si procede con l’ascolto. Utilizzati, e si poteva anche immaginare, per erigere un poderoso muro di suono. Tutto d’un pezzo, appunto.
A tal proposito, il sound è praticamente perfetto in ogni sua componente. Merito di una capacità esecutiva totalmente professionale nonché meritevole di potersi definire di alto rango. Ma, anche, di una produzione energica ed equilibrata nel posizionamento sonoro dei vari strumenti e della voce. Una precisione, nella restituzione della musica su disco, davvero encomiabile; poiché fa sì che si possano gustare senza fatica tutti i particolari, i dettagli, nessuno escluso, nascosti fra le pieghe del disco stesso.
Il che porta direttamente all’efficienza di ogni singolo membro del combo teutonico. E se per efficienza s’intende essere in grado di dare il massimo con scioltezza e naturalezza, allora si può ribadire che i Discreation non devono temere nessuno, nel gotha del death metal.
Sebastian Schilling e David Hübsch sono chitarristi esperti con una notevole esperienza alle spalle, in grado di eseguire senza pecche sia la parte ritmica, sia – seppure in maniera minore in quanto a quantità – quella solista. Quella ritmica è davvero rimarcabile per precisione, pulizia e, soprattutto, per la genesi di una quantità enorme di riff possenti, compressi alla maniera thrashy con la collaudata tecnica del palm-muting. Essi, i riff, si susseguono senza interruzioni di sorta, dando vita a una specie di rullo compressore che schiaccia l’etere, triturando le ossa in occasione degli episodi più violenti come la title/opener-track. Consentendo, inoltre, la composizione di brani piuttosto diversi l’uno dall’altro, capaci di scuotere con veemenza il tutto.
Non mancano furibonde, improvvise sfuriate al calor bianco dei blast-beats, come in ‘God of War’, dove Martin Engels, il batterista, dà sfogo al suo essere a proprio agio in tutti i tempi che sostengono il death metal. Aiutato, durante l’erogazione del tremendo schianto, dal rombo possente del basso di Peter Frick.
Il discorso non può però che ritornare su Grewe, semplicemente irreprensibile nell’interpretazione di linee vocali non particolarmente complesse ma dannatamente incisive. Gola roca, riarsa, quasi sanguinante, per un tono stentoreo che non conosce né growling, né harsh vocals, né screaming, né quant’altro. Del resto, è sufficiente porre l’orecchio sulla devastante ‘Maschinenkrieg’ per comprendere la completa intelligibilità dei testi in ordine al ridetto tono stentoreo prodotto a pieni polmoni con le corde vocali che paiono inacidite dal tempo.
Death metal e basta. Questo è “Iron Times”. Questi sono i Discreation.
Daniele “dani66” D’Adamo