Recensione: Isolate
Gamma Arietis (γ Ari / γ Arietis, conosciuta anche con il nome tradizionale di Mesarthim), è una stella bianco-azzurra di magnitudine 3,88 situata nella costellazione dell’Ariete. Dista 204 anni luce dal sistema solare e si tratta, in realtà, di una stella binaria, composta da 2 stelle non molto dissimili tra loro, γ1 Arietis e γ2 Arietis. Mesarthim potrebbe eventualmente derivare dall’ebraico Mesharetim (ministro) ma la fonte non è attualmente certa.
Ora voliamo in Australia a bordo dello space shuttle, dove due ignote figure hanno dato vita a questa insana creatura che prende proprio il nome dalla stella sopra descritta. Nessuno sa chi siano, come si chiamino, che età abbiano e non ci sono foto che li ritraggono. Le pagine del mondo di internet non dicono nulla, non ci sono informazioni, questo pare proprio essere uno di quei casi dove dobbiamo dedurre per logica, noi stessi, che nel buco nero identificato come Mesarthim è la musica che deve parlare, non il resto. Apprezziamo, condividiamo e supportiamo senza mezzi termini tale scelta. Prima uscita discografica ufficiale sotto la nostrana Avantgarde Music, che ha deciso con intelligenza e furbizia di supportare il progetto dopo aver ascoltato, con molta probabilità, la versione autoprodotta presente in rete; come da sempre questa casa discografica scova e pubblicizza progetti che meritano attenzione, così anche nel caso di Isolate, ci si trova di fronte ad il nuovo che avanza.
La corrente che negli ultimi anni ha portato alla ribalta il sottogenere denominato atmospheric black metal conta ad oggi una schiera di gruppi, più o meno interessanti, che non fanno altro che portare nuova linfa vitale ad un sottobosco oramai fitto ed aggrovigliato come mai prima d’ora. Tutto questo meltin’pot di autoproduzioni, più o meno professionali, sono la causa e/o dimostrazione che possibilità di farsi conoscere attraverso canali quali Bandcamp, Soundcloud, Facebook, Youtube e via dicendo funzionano alla perfezione. Il black metal, a prescindere dalle varianti al suo interno, non è mai stato molto di casa in terra Aussie; negli anni abbiamo avuto ottimi riscontri da realtà quali Ruins, Ne Obliviscaris, Amenta, Destroyer 666, Ill Omen e Midnight Odyssey, riuscendo a comprendere quanto le possibilità siano ampie e senza radici statiche. Nello specifico, andando oltre l’emisfero australe notiamo come Downfall of Nur, Fauna, Panopticon, Wolves in the Throne Room, Saor, Progenie Terrestre Pura e altri agglomerati sono stati in grado di far aprire un po’ la mente agli intransigenti, avvicinandoli a mondi distanti sui quali mai e poi mai avrebbero scommesso un penny. Che sia probabilmente segno di evoluzione del mondo metal? Ai posteri l’ardua sentenza, ma se la scena underground continua ad evolversi a tale ritmo non rimane che porre pollice verso e apprezzarne ogni aspetto.
Isolate dalla sua propone sei canzoni e nulla più, sei brani che oscillano instabili tra atmosfere surreali ed oniriche per confluire in territori vicini alla Trip-hop ed all’elettronica pura; il metal lo si sente in lontananza, come un’eco che offre una soundtrack a qualcosa di più ampio e visionario. Parlare delle tracce singole è inutile, Isolate è un grande progetto che prende forma e vita solamente se analizzato nel complesso, attraverso i suoi sei capitoli, che si forgiano vicendevolmente venendosi incontro e scambiandosi stati emotivi. Una gigante rossa dalla temperatura improponibile che se vista da lontano, appare come un misero puntino nel nero più assoluto; Isolate offre molto all’ascoltatore, ma deve prima essere compreso e analizzato senza superficialità. Il fascino di questo progetto risiede nella capacità di ammaliare e invadere lo spazio personale dell’ascoltatore, che trasformandosi in un animale curioso, viene portato a cercare di comprendere cosa possa accadere minuto dopo minuto, attraverso riffs e synth al limite del sopportabile, nelle vastità qui presenti. Le chitarre, sempre nelle retrovie, sono sovrastate da tastiere che creano una nenia infernale e decadente, diventano la base su cui appoggiare un tappeto di screaming latente e sulfureo. Il suono della batteria è al limite dell’artificiale, grezza secca e senza supporti è il battito delle onde gravitazionali; contemporaneamente la precisione con cui viene scelta ogni singola linea vocale è un delitto perfetto. In qualsiasi momento può crearsi un’eco distante che si fonde alla perfezione con i rintocchi dell’oblio più abissale; non ci sono strutture sonore, non ci sono ritmi base e la non melodia del cantato si combina al meglio con le dolci sonorità che escono dalle casse. Un costante perdersi, per lasciarsi cullare nell’iperspazio dove tempo e distanze diventano pari al nulla; quarantatré minuti di paradossale vuoto catartico, dove tu, comprendi lati prima d’ora mai esplorati del tuo io.
Una sfida, un’avanguardia, una dichiarazione d’intenti verso tutto ciò che da oltre vent’anni ha forgiato il vero black metal. Su questa base concettuale viene da chiedersi alla fine dei conti: è metal questo? Che genere è nello specifico? Abbiamo interesse nel catalogarlo oppure possiamo lasciarci cullare nello spazio profondo senza interessarci delle barriere stilistiche e delle catalogazioni, che tanto stanno a cuore ai metalheads? Probabilmente attraverso band come i Mesarthim possiamo comprendere quanto le schematizzazioni e le catalogazioni non hanno mai avuto senso e mai ne avranno, per coloro che prestano attenzione alla musica e non all’aspetto editoriale. Un viaggio, un trip mentale, una combustione di intenti volti solamente alla perdita dei sensi. Buon viaggio.