Recensione: Istinto E Rabbia
All’interno della scena metal italiana ci sono band che hanno raggiunto, ormai meritatamente, uno status di culto tra i fan, sia per l’aver pubblicato lavori d’indubbia qualità (anche con mezzi limitati a livello tecnico e promozionale), sia per la militanza che tocca e in diversi casi supera i tre decenni. Stiamo parlando ovviamente di mostri sacri quali Strana Officina, Death SS, Dark Quarterer, Bulldozer…
Accanto a questi, credo sia giunto il momento di iniziare a guardarsi indietro, sì, ma puntando a un periodo a noi più vicino con l’obiettivo di riscoprire una serie di gruppi che, una ventina di anni fa, calcarono i palchi della modesta scena italiana. Con grinta e passione tutta nostrana e che in diversi casi uscirono dalla scena troppo in fretta, ma che posero il loro marchio con un pugno di album essenziali per chi si dice sostenitore del metallo tricolore; ma anche per chi ama questa musica ‘a prescindere’. Chi scrive rimase a tal proposito molto colpito dai vari Broken Glazz, Jester Beast, Braindamage, Alligator…
Oltre a questi, i bresciani In.Si.Dia. meritano sicuramente un approfondimento particolare, in quanto uno dei rari casi di puro thrash metal cantato nella lingua di Dante. Nati nel 1991 con il nome di Inviolacy, prima di esordire in italiano pubblicarono un demo di buon livello (“No Compromises!!!”), andando a farsi un nome nel panorama underground di allora. Vuoi la provenienza geografica, vuoi una serie di coincidenze fortunate li portarono a collaborare con Omar Pedrini, allora chitarrista e deus ex machina degli altrettanto bresciani Timoria, il quale favorì la firma nientedimeno con la major Polydor (Polygram Italia) e produsse e collaborò agli arrangiamenti del loro esordio su dischetto ottico “Istinto E Rabbia”.
La scelta dell’italiano (probabilmente non sapremo mai quanto spinta dall’etichetta e quanto condivisa dalla band), lingua melodica per eccellenza, ebbe un risultato alquanto particolare andando a provocare, su una base musicale di puro thrash metal, un risultato lirico e vocale simile a un certo hard-core punk italiano (che troverà massima espressione nella conclusiva cover dei Negazione).
L’album, nei contenuti testuali e nell’originale copertina (Air Force d’ordinanza da thrasher che calpestano fiori buttati su grigio cemento urbano…), sembra aver come filo conduttore l’astio giovanile che si scaglia contro l’ipocrisia della società e la solitudine di chi esprime liberamente il proprio essere in un mondo che richiede conformità e allineamento. Temi 100% metal, dunque, che, per una volta espressi in italiano, favoriscono condivisione e solidarietà.
Questo manifesto thrash si apre con “Fuggire”, perfetto esempio dell’’In.Si.Dia-sound’: la ritmica funge da architrave e lo fa con un approccio abbastanza europeo al genere, mentre la solista di Manuele Merigo suona più a stelle e strisce ricalcando, come impostazione e pulizia, mostri sacri come l’Hammett o lo Skolnick dei bei tempi andati. Testo nichilista e di rifiuto che funge da assist per la successiva “Sulla Mia Strada”: nessuno spazio per compromesso alcuno, gli In.Si.Dia affrontano il nemico a viso aperto e il ‘bastardo’ contro di cui la rabbiosa voce di Riccardo “Yard” Panni si scaglia, magicamente, prende le sembianze di qualsivoglia nemico o ostacolo si metta di traverso al metalkid in ascolto. Se esiste il termine love-song, in questo caso davvero è necessario usare il suo contrario, perché abbiamo a che fare con una pura canzone d’odio. Musicalmente, ancora una volta, il fantasma dei Four Horsemen più classici aleggia e impressiona nuovamente il lavoro in fase solista. Quadrata e diretta “Grido”, caratterizzata da una prima metà interamente strumentale non particolarmente originale ma di sicuro effetto e, a costo di diventare ripetitivi, con un genuono stupore verso Merigo, autore di un solo, in chiusura di pezzo, davvero trascinante. Il dono degli In.Si.Dia è proprio quello di riuscire a confezionare un thrash sì canonico e relativamente semplice nella struttura, ma dannatamente accattivante.
Chitarre acustiche introducono “Tempo”, che alterna momenti di approfondimento e riflessione decisamente lenti a ripartenze sparate e intrise di furia. Se poi “Tunnel Grigio” propone poche novità rispetto agli altri pezzi, con “Parla… Parla” si giunge forse all’apice dell’intero album: riffing semplice ma micidiale, strofe quadrate, il solito spettacolare assolo di chitarra che sembra preso dai migliori Testament, liriche da puro sfogo di collera… apoteosi thrash! “Satanka” è un dolce intermezzo strumentale (qualcuno suggerisce “Musical Death” di Skolnick & Co.?) che accompagna verso la fine dell’album. Come anticipato, si chiude con “Tutti Pazzi”, pezzo-bandiera dei Negazione, maestri dell’hard-core italiano. Come volevasi dimostrare, l’’istinto’ e la ‘rabbia’ degli In.Si.Dia si sposano perfettamente con lo stile della band di Tax & Zazzo, andando a confermare, come se ancora ce ne fosse stato bisogno, lo stretto legame esistente tra i due generi.
“Istinto E Rabbia”: trascurarlo significherebbe privarsi di un capitolo fondamentale del thrash nostrano.
Vittorio “Vittorio” Cafiero
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Track-list:
1. Fuggire 4:49
2. Sulla Mia Strada 6:17
3. Grido 4:01
4. Il Tempo 3:30
5. Tunnel Grigio 5:16
6. Parla… Parla 4:46
7. Satanka 2:24
8. Solo Solitudine 5:05
9. Tutti Pazzi 2:12
Durata 38 minuti ca.
Line-up:
Riccardo “Yard” Panni – Voce, Chitarra Ritmica
Fabio Lorini – Voce, Basso
Manuele “Manny” Merigo – Chitarra Solista
Bruno “Brü” Fregoni – Batteria