Recensione: It beckons us all…….
I Darkthrone sono una di quelle band che hanno fatto la storia della seconda ondata del black metal, con capolavori quali Transilvanian Hunger e A blaze in the northern sky, lasciando un segno indelebile nella storia del movimento e influenzando decine di band che si sono avvicinate a questo genere; Fenriz e Nocturno Culto, nel corso degli anni, hanno dimostrato una notevole capacità creativa, realizzando ben 21 album in studio in 37 anni di carriera.
Sette sono le tracce che compongono questo It beckons us all……. per poco più di quaranta minuti di musica che sembra essere suonata in presa diretta, quasi un effetto live, con una forte influenza thrash, come si può avvertire già in Howling primitive colonies, Eon 3 e Black dawn affiliation che sono probabilmente i più rappresentativi dell’intero disco. La moviolistica e strumentale And in that moment I knew the answer segna il giro di boa e successivamente le cose non migliorano più di tanto: The bird people of NordLand e The heavy hand danno maggiore cupezza all’album mentre The lone pines of the lost planet mostra un ottimo potenziale che viene depauperato ben presto da ritmi estremamente troppo gentili.
Lento, impacciato, senza mordente e cattiveria, It beckons us all…….ha il solo merito di essere leggermente migliore di Astral Fortress, quindi non un grande risultato. Certo, non possiamo chiedere a Fenriz e Nocturno Culto di andare in giro per la Norvegia a bruciare Stavkirke o ad accoltellare qualche altro amico musicista, a quasi 50 anni d’età: il mondo è cambiato e, come affermato recentemente da Ihsahn, non avrebbe senso riproporre quella musica oggi. I Darkthrone ormai, somigliano a band come i Metallica, che vivono nei fasti di un glorioso quanto lontano passato, nella speranza che il nuovo disco possa essere un ritorno alle origini, e magari cercando delle forzature nell’ascolto dello stesso per convincerci di ciò, perché, fondamentalmente, amiamo la musica e ci fa male parlare male di un gruppo che ha fatto la storia. Da un grande nome, ci aspettiamo sempre una grande opera. Sapersi reinventare nel corso degli anni non è un’impresa facile ma può essere possibile: basta chiedere ad esempio a band come Ensalved, Cradle of Filth o Behemoth che, attraverso gli anni e qualche passo falso, hanno saputo cambiare restando sempre fedeli a loro stessi.
Questo può essere il disco di esordio di una band alle prime armi, non di una leggenda del black metal come i Darkthrone.
