Recensione: IV Kataklismo

Di Daniele D'Adamo - 23 Agosto 2016 - 12:10
IV Kataklismo
Band: Stormvold
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2016
Nazione:
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80

Gli Stormvold sono un mostruoso duo proveniente dalla Spagna, fautore di un black metal spaventosamente feroce, primordiale. Aggressivo all’inverosimile. Un’Apocalisse sulla Terra, scatenata dalla coppia d’invasati Ebola (voce, chitarra, batteria) e Istigator (batteria).

“IV Kataklismo” è il loro debut-album, summa dell’esperienza quadriennale conseguita mediante la pubblicazione di tre demo (“First Tibicena Brutality”, 2012; “Second Guanche Massacre”, 2013; “Third Bestial Mutilation”, 2014) e una compilation, “First Storms” (2014), con la Xtreem Music – attuale label – , accorpante le song dei due primi lavori.

Il black metal eruttato dagli Stormvold è qualcosa di difficile da descrivere a parole: va ascoltato, subìto, fagocitato, inglobato nell’anima. Il massacro è totale, l’annichilazione assoluta. Song come l’opener Eclipse astral’ sono manifesti di rabbia totale, di ferocia sconquassante. I quali si individuano, nel Caos Strisciante, fra gli agghiaccianti riff putrefatti di Ebola, il suo indescrivibile screaming – una specie di urlo continuo, ferale, belluino – , e il drumming di Istigator, oscuro servitore della bestiale malevolenza. I blast-beats partoriti dalla blasfema batteria squarciano l’etere, assaliscono la materia. La inglobano, la comprimono, la asfissiano, la distruggono. La fanno letteralmente a pezzi. 

In più, compaiono imperiose orchestrazioni che aumentano, se possibile, l’orrore cosmico che si prova nell’immergersi in spaventi metafisici che prendono il nome di Achuhucanac’, per esempio. Abominii arcaici che narrano la loro essenza di entità protoumane, legate indissolubilmente al Cosmo e alle sue gigantesche manifestazioni deflagranti (‘Explosión estelar’).

Benché facenti parte integrate di uno stile clamorosamente personale e unico (Venom all’ennesima potenza?), apparentemente grezzo, rozzo, involuto e confusionario, le varie song vivono di vita propria, presentando ciascuna delle caratteristiche proprie atte a distinguerla dalle altre. E, negli istanti di relativa calma (?), si aprono improvvisamente, nel terreno, nella roccia, abissali crepacci. Orridi passaggi per l’oscurità totale, per la dannazione (‘Constructor de tormentas’). Rallentamenti quasi doom, forse. Sicuramente mefitici, che puzzano di zolfo e di carne umana bruciata: l’Inferno sulla Terra.

In certi istanti, la vertigine che provoca la rotazione della mente su se stessa è irresistibile. Ruido del viento’, per ciò, raggiunge in certi attimi velocità ritmiche numericamente parossistiche, provocando il dissesto della psiche. La quale è sballottata continuamente da ogni parte (‘Agujero negro’) per lo stordimento totalizzante che precede la morte. Morte nera, piagata, dolorosa. Pregna di sofferenza com’è la vita che accompagna l’Uomo nel suo tentennante e tremebondo cammino sul Mondo.

A volte anzi spesso, appare irreale che due soli uomini riescano a generare un’onda d’urto così terremotante, così smisurata, così spropositata. Brani quali ‘Diluvio cósmico’, son lì, a dimostrare che questo è stato ed è possibile.

Oltre la sfera della follia, oltre i limiti dell’allucinazione.

Stormvold: l’estremo dell’estremo.

Daniele D’Adamo

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