Recensione: IX Equilibrium
È difficile non incorrere nel più genuino timore reverenziale quando si parla degli Emperor, gruppo che certamente non abbisogna di presentazioni e che, sin dai primi passi, ha sempre rappresentato un’entità a se stante nel ricco contesto della scena black norvegese, distinguendosi per originalità, creatività e spessore artistico, dando vita ad un sound personalissimo ed inimitabile. Una band che nel corso degli anni ha generato un numero incalcolabile di epigoni, nessuno dei quali è però riuscito, ad avviso di chi scrive neppur lontanamente, a ricreare la stessa magia che riusciva così naturale a Ihsahn e soci. E in efetti la mia prima preoccupazione, nell’accingermi a recensire “IX Equilibrium”, è proprio quella di riuscire a mantenere la giusta distanza, onde evitare di cadere nell’eccessiva ossequiosità dettata dall’amore viscerale per il gruppo o, per contro, nell’aprioristico snobismo da fan della prima ora, due opposti atteggiamenti che porterebbero al medesimo risultato, ovvero precludere una valutazione per quanto possibile “oggettiva”.
La qual cosa non è compito facile, visto e considerato come già al tempo della sua uscita “IX Equilibrium” fosse stato accolto in modo molto controverso. Un Album del quale, nel corso degli anni, ho sentito dire tutto e il contrario di tutto: che è un capolavoro, un disco discreto che si salva solo grazie alla classe e all’esperienza, che è una delusione clamorosa. La verità sta dunque, come spesso accade, nel mezzo? Per quanto mi riguarda, assolutamente no: quest’opera, senza mezzi termini, è una perla di nera e rara bellezza. E soprattutto, è un disco che suona “Emperor” al cento per cento, anche se la prima impressione potrebbe indurre a pensare l’esatto contrario.
La continua progressione musicale della formazione norvegese li ha condotti infatti, in questo terzo capitolo, a lidi ormai notevolmente distanti dal concetto originario di True norvegian black metal, per approdare a quello che da molti è stato definito “metal estremo progressivo”, descrizione piuttosto calzante di quanto poi troverà piena espressione col successivo “Prometheus”.
Dopo aver definito i canoni del tradizionale black metal sinfonico con quell’incredibile concentrato di furia primeva e atmosfere gelide e maestose che era il seminale “In the nightside eclipse”, gli Emperor ben avrebbero potuto continuare a ripetere all’infinito la stessa formula vincente; eppure già il successivo, straordinario, “Anthems to the welkin at dusk”, un album connotato da una vena profondamente epica, drammatica ed oscura, aveva chiaramente dimostrato l’esigenza di non rimanere vincolati agli stereotipi del genere da loro stessi creato, ma al contrario di rimettersi continuamente in discussione.
Questa vocazione sperimentale si concretizza in “IX Equilibrium” nell’assimilazione all’interno della classica matrice symphonic black di influenze ulteriori e eterogenee, che vanno dall’heavy classico al thrash tecnico, con una robusta iniezione, a livello compositivo-strutturale, di soluzioni direttamente prelevate dal death metal d’oltreoceano. Se è vero che la commistione di elementi black e death metal ha rappresentato, nell’ultimo decennio, una delle strade maggiormente percorse in ambito estremo, non si può non segnalare come gli Emperor abbiano seguito, anche in questo caso, un approccio molto personale, inglobando la componente death all’interno del loro sound in maniera del tutto naturale. E così la violenza e la furia black delle origini vengono qui integralmente riprese, ma in qualche modo razionalizzate e sapientemente incanalate in strutture precise e complesse, dando luogo ad una profusione di riff serratissimi, spesso contorti, lanciati come di consueto a velocità parossistiche, che creano una sensazione di caos apparente, laddove in realtà ogni singola nota è ponderata con la massima cura.
Siamo di fronte ad un’opera ambiziosa, che richiede da parte dei musicisti coinvolti una piena maturità e padronanza delle proprie capacità. Infatti il livello tecnico espresso dai singoli è a dir poco impressionante. Trym ci regala una prestazione di una precisione e di una potenza superabili da ben pochi batteristi in ambito black. Le tastiere, onnipresenti e mai prima d’ora così protagoniste, non si accontentano di fungere da mero sottofondo atmosferico, ma disegnano anzi orchestrazioni molto ricercate ed eleganti, in cui lo stile inimitabile di Ihsahn assume connotati marcatamente progressivi e, a tratti, elettronici. Il guitar working è di prim’ordine, ricco e multiforme, mai sopra le righe, anche quando ci mostra una inedita propensione per assoli metal molto classici, talvolta toccando punte di notevole virtuosismo. Il caratteristico screaming acido e graffiante, che qui appare più comprensibile che in passato, si alterna al tipico cantato pulito di Ihsahn, per alcuni sgraziato, per altri incredibilmente evocativo, comunque inconfondibile. La produzione, anche se piuttosto fredda -pur senza risultare troppo artificiale-, segna un netto miglioramento rispetto all’album precedente, e consente di cogliere tutte le molteplici sfumature che i nostri riescono a inserire.
La stessa opener ‘Curse you all men!’ ci offre una prima eloquente testimonianza di tutto ciò: il pezzo si apre con una sorta di ruggito che sfuma in un grido acuto, per lasciare immediatamente spazio alla batteria precisa e veloce di Trym, cui subito si sovrappongono un riffing violentissimo e serrato e inquietanti melodie di tastiera, fino a sfociare in una prima strofa a dir poco devastante. La traccia prosegue frenetica e incalzante, alternando senza respiro assoli spiazzanti, momenti di grande melodia, parti tiratissime all’insegna della consueta ferocia black, riff molto tecnici in cui s’intravedono quelle influenze death che da qui in avanti saranno una presenza costante.
La successiva ‘Decrystallizing reason’ vede una massiccia presenza delle tastiere e, dopo una melodia iniziale epica e dal sapore orientaleggiante, si sviluppa nell’alternanza tra tempi relativamente meno sostenuti e sfuriate improvvise e intricatissime, per poi concludersi in un grandioso epilogo sinfonico, di indubbia maestosità.
‘An elegy of Icaros’ è un gioiello che solo un gruppo come gli Emperor, nella sua piena maturità, poteva partorire: una raffinata melodia di violino prelude ad un chorus, cantato in clean, molto teatrale e ricco di pathos, che si riversa in quella che altro non è se non una cavalcata heavy metal sotto mentite spoglie. La canzone è ricercatissima, continuamente cangiante nel progressivo e spesso repentino susseguirsi di passaggi che variano dal black, al metal classico, al thrash, con momenti di pura pesantezza death, tra continui cambi di tempo e melodie tanto accattivanti quanto distanti dalla banalità.
Con ‘The source of icon E’ si torna alle velocità sostenute, con riffing furioso e tastiere in piena evidenza. Un pezzo di per sè più che onesto, non fosse che, verso la metà del secondo minuto, su una base thrash/black Ihsahn si cimenta in un cantato falsettato che sembra uscire in tutto e per tutto da un album di King Diamond, e che certamente avrà fatto storcere il naso a intere generazioni di blacksters inorriditi. Personalmente questa trovata non mi ha particolarmente infastidito, considerando come simili bizzarrie, o se vogliamo provocazioni, non debbano sorprendere più di tanto nel contesto di un album come questo, che già di per sè va ad infrangere molti dei dogmi del black metal duro e puro. Ad onor del vero resta comunque la traccia meno interessante del lotto.
Per contro la successiva ‘Sworn’, ormai divenuta uno dei cavalli di battaglia nelle esibizioni dal vivo, è uno degli episodi più riusciti di “IX Equilibrium”; di per sè abbastanza classica nella sua struttura, è impreziosita da soluzioni melodiche e passaggi di chitarra e tastiera davvero eleganti e ispirati.
L’ottima ‘Nonus Aequilibrium’ inizia con un breve inserto arpeggiato su cui si innesta il drumming metronomato di Trym, che fa da preludio a un’accelerazione bruciante, in pieno Emperor-style, dipanandosi poi tra momenti epici, passaggi thrash, rallentamenti atmosferici e fulminee ripartenze in blast-beat.
In ‘The warriors of modern death’ a riprova che le sorprese non sono ancora finite, troviamo a farla da padrona una componente sfacciatamente black n’roll, con riff volutamente grezzi e molto groovy, su cui si rincorrono una moltitudine di assoli in puro stile heavy metal -peraltro di pregevolissima fattura- e bizzarre melodie di tastiera, per un risultato finale da dir poco stravagante. Per quanto io non veda di buon occhio commistioni Black n’roll quali quelle in cui, di li a pochi anni, si cimenteranno altri colossi del black norvegese quali Satyricon e Darkthrone, considero questo esperimento tutto sommato molto riuscito, se non altro per la capacità degli Emperor di conservare la propria insopprimibile personalità e originalità in ogni frangente.
L’album si conclude sulle note di ‘Of blindness and subsequent seers’, pezzo molto vario e raffinato, intriso di fredde suggestioni dark, con un arpeggio acustico finale in stile quasi “Opethiano”.
Va detto a questo punto che ‘IX Equilibrium’, nella sua complessità e nel suo tecnicismo, sul piano dell’atmosfera non regge il confronto con i suoi due predecessori, così come, sebbene il livello qualitativo delle singole tracce sia mediamente molto alto, probabilmente in nessun episodio si raggiungono i vertici di intensità e coinvolgimento che erano propri di classici del gruppo norvegese quali ‘Inno a Satana’, ‘Ye entrancemperium’ o ‘With strenght i burn’. In realtà, l’unico vero grande difetto di ‘IX Equilibrium’ è proprio quello di dover sopportare il confronto con due assolute pietre milari come “In the nightside eclipse” e “Anthems to the welkin at dusk”, irraggiungibili anche perchè frutto di contesti e momenti storici diversi. E certamente, se dovessi fare questo paragone, il voto finale sarebbe ben più basso. Ritengo tuttavia che una simile scelta non darebbe adeguato conto del valore di un album, spesso sottovalutato, che andrebbe giudicato in se e per se, per la quantità impressionante di capacità e di idee profuse nella sua realizzazione. Con quello che troverete in ‘IX Equilibrium’ molti altri gruppi avrebbero potuto riempire intere discografie, come peraltro è poi avvenuto. Un album che certamente potrà non piacere a chi aveva amato gli Emperor nella loro incarnazione tradizionale, ma che non fa altro che confermare la grandezza di uno dei gruppi più influenti e brillanti della scena metal degli ultimi quindici anni.
TRACKLIST:
1. Curse You All Men!
2. Decrystallizine Reason
3. An Elegy of Icaros
4. The Source of Icon E
5. Sworn
6. Nonus Aequilibrium
7. The Warriors of Modern Death
8. Of Blindness and Subsequent Seers