Recensione: Izi.Im.Kurnu-Ki

Di Daniele D'Adamo - 7 Marzo 2015 - 18:05
Izi.Im.Kurnu-Ki
Band: Neolith
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2015
Nazione:
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75

I Neolith sono una di quelle band segnate dal dolore proveniente da un grave lutto (Tomek “Fil” Górawski, batteria, 18-02-2008, R.I.P.), ma che per ciò non hanno deposto le armi nella dura lotta contro il destino. Anzi, la tragica perdita di un compagno a volte anima lo stimolo per affrontare con la massima aggressività possibile la propria carriera artistica.

Circostanza, questa, che ha fatto sì che il sestetto di Krosno, nato nel lontano 1991, abbia dato alle stampe due album di ferocissimo ‘blackened death metal’. “Individual Infernal Idimmu”, nel 2010, e questo “Izi.Im.Kurnu-Ki” (trad. “Fuoco. Vento. Inferno”), oggi.  

Sì, poiché come parecchi altri loro connazionali, Behemoth in primis, i Neolith hanno cominciato a calcare le scene polacche suonando forme di metal estremo piuttosto rozze e involute. Per evolvere, via via, in quello che è, a parere di chi scrive e a dispetto del moniker, la rappresentazione più moderna del death, intendendolo scevro da contaminazioni e/o imbastardimenti eccessivi.

Del resto, il ‘polish death metal’ è una realtà da tempo consolidatasi fra le migliori al Mondo, per cui non c’è assolutamente da stupirsi della grande qualità tecnico-artistico di ensemble come quello in esame. Il quale, a ben vedere, utilizza in modo massiccio l’elettronica. Ma, è bene sottolinearlo, al solo scopo di rendere più gelida possibile l’atmosfera che si respira fra le dieci tracce di “Izi.Im.Kurnu-Ki”. Un’atmosfera buia, oscura, priva di qualsiasi fonte di calore, trapassata da violentissimi (“Of The Angel And His Orison”) uragani di neve. Ricordando, e non poteva essere altrimenti, i compatrioti Crionics, fra i primi a portare il death metal vicino allo zero assoluto. La presenza del thrash nei giganteschi riff di chitarra, inoltre, è a tratti addirittura opprimente, e non fa altro che alimentare la produzione di ghiaccio per un sound davvero annichilente, devastante.

Ondate di blast-beats si susseguono senza tregua, sferragliando a grande velocità assieme all’impetuoso riffing delle due fenomenali macchine da guerra che rispondono al nome di Bartek “Bolus” Wierzbicki e Konrad “Conrad” Białas, i due axe-man. In sottofondo, il mulinare del basso di Krzysiek “Kriss” Dybaś forma l’indispensabile rimbombo a sostegno della sovrastante struttura ritmica. La tremenda interpretazione vocale di Grzegorz “Levi” Łukowski, seppur non molto originale, è tecnicamente senza macchia nonché rispondente ai dettami imposti dal ridetto ‘polish death metal’. È tuttavia Jurek “Ю” Głód a fornire di ‘quel qualcosa in più’ a un suono comunque formidabile, grazie alle sue folli, visionarie, surgelate escursioni digitali; mirate a inspessire con successo un sound cui è impossibile trovare un difetto.     

Un sound tremendo, duro da digerire. Ostico, dalla pesantezza a volte insostenibile (“Khufu Arise!”), eccellente frutto della lunga esperienza in materia da parte di Łukowski e soci, ma anche di un talento presumibilmente insito nell’etnia degli abitanti della Polonia.

Tutti fattori che, messi assieme, danno luogo a uno dei migliori death metal suonati al momento: quello di “Izi.Im.Kurnu-Ki”.

Daniele “dani66” D’Adamo

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